Saturday, December 8, 2012

Un Sole lì buttato a vanvera

Di Marco Sclarandis

Non posso rassegnarmi
vedere tutto quello spazio
in alto vuoto intorno

estratto dal nulla con astuzia
primizia di qualunque inizio
sprecato
con tanta noncuranza
un Sole lì buttato a vanvera
una Luna a casaccio
sistemata
tanto perché una Terra orbiti
s’un’ellisse non troppo
sgangherata
e con tale andazzo ammassi
di stelle di pianeti di galassie

sparpagliati come cani sciolti
noi qui sempre più stipati
a istupidirci
per innalzare stipiti
solai volte ed architravi
in modo da poterci
accasare tutti
rinuncio al volume della fossa
anche dell’urna cineraria

prossima ventura
pur di sapere adesso quale
fosse dell’Architetto il
vero intento.

Friday, December 7, 2012

Licheni acquattati

di Marco Sclarandis 

I licheni acquattati su tettoie d’ondulato asbesto
Sghignazzano sgargianti
Ai muschi quieti aggrappati a muri di cemento
E più in alto sorvolano incuranti
Piccioni passeri e gabbiani
Indecisi fra tralicci e pattumiere
Gli umani cupi mugugnano quotidianamente
Fra un lezzo ed un vezzo frastornati
Protetti da ricolmi armadi e pensili
Tessono prolifici camole ed aracnidi
Aspettando magari
Qualche formica persasi
Dai nostri acquai verso i fornelli
Chi sarà mai di tutti quanti il più malnato
Loro che ignari possiedono la terra
O noi che pur sapendo
Devastiamo anche dell’altrui riparo.

La canzone del picco del petrolio




I have squandered my resistance 
For a pocket full of mumbles such are promises 
All lies and jests 
Still a man hears what he wants to hear 
And disregards the rest 



Ho sprecato la mia resistenza
Per una tasca piena di rumore così sono le promesse
Tutte bugie e trucchi
Eppure un uomo sente quello che vuole sentire
E scarta il resto 


h/t 22 billion slaves 

Wednesday, December 5, 2012

Che cosa ne sa la massaia di Voghera?

Di Marco Sclarandis



Che cosa ne sa la massaia di Voghera
di percorsi hamiltoniani
di leggi invarianti con la scala
emergenti ovunque elementi siano in rete
ignora il bracciante di Pachino
in quali labirinti d’equazioni
bisogna orizzontarsi senza
un visibile d’Arianna filo
per capire il segreto muoversi dei fluidi
pensa in quel d’Abbiategrasso
l’assessore comunale in pausa pranzo
che forse è la funzione zeta
a gemellare numeri primi e atomi
a Lucera a Nichelino o sul Gran Sasso
potrebbero celarsi menti matematiche
distratte indaffarate a fare sughi
cogliere ortaggi e censire insegne commerciali
perché non invitarle a fare calcoli
e spiegarci quanto si voli in alto
sopra tinelli orti e bui vicoli
sorretti solo da algoritmi
lambiti da evanescenti proporzioni
e da lì quel quotidiano basso
diventi inesprimibile a parole

Tuesday, December 4, 2012

I Battellieri del Volga




Se avete cinque minuti, considerate l'idea di farvi prendere dal fascino di questo splendido video assemblato da BasileMarie. E' la canzone dei battellieri del Volga con sullo sfondo un quadro famoso di Ilya Repin del 1873. Il montaggio indugia sui dettagli di questo quadro incredibile che in una sola immagine riesce a raccontare una serie di storie senza fine. Senza fine, come il lavoro dei Burlaki, quelli che tiravano le chiatte sul Volga.

Pensateci: per tutto il secolo diciannovesimo, il secolo del carbone, il commercio è stato basato sulle vie d'acqua. Tutto si portava in quel modo, compreso il carbone, che non si poteva trasportare in nessun altro modo. E tutti noi hanno degli antenati che hanno tirato delle barche stracariche lungo qualche fiume; il Volga, l'Arno, o qualche altro.

Tirare perché qualcuno doveva tirare, tirare perché costava meno che far tirare un mulo, tirare perché dovevi mangiare, tirare perché non potevi farne a meno; tirare fino a non poterne più, fino a scoppiare, fino a cadere esausti, fino a morire di fatica.

E' strano pensare che da questo destino ci ha liberato il petrolio. Ma solo per un po' e lo stiamo pagando molto caro.... troppo. E il conto vero deve ancora arrivare.

Sunday, December 2, 2012

Bufalo miniato

Di Marco Sclarandis


Non pensavo d’incontrarti bruco verde
sul trespolo che m’adorna la cucina
acquattato tra le foglie di miseria
ma le caccole minute sparpagliate
puntuali nere e numerose
potevano mai essere di bufalo miniato
poi i ricami e le trine al vegetale
di certo non erano da mano sarta fatte
alla fine t’ho stanato lungo un margine
mentre spudorato divoravi ed evacuavi
in attesa di prodigiosa metamorfosi
ogni giorno più vitreo ed obeso
mi hai captato e cooptato nel tuo cosmo
frusciante fragile e gommoso
forte solo di fertilità imbattibile
d’entusiasmo s’è colmato il vaso
contenente il tuo pane e companatico
il trespolo smaltato e la cucina
la mansarda per un tempo incalcolabile
il quartiere la città l’intero mondo
l’animo mio è galassia da una settimana
ma solo il grande astrofilo ritroso
sa dove nell’universo siano le sue coordinate