Sunday, July 2, 2017

La Terra digerisce tutto

Tu che butti la lattina dove càpita
rapido abbandoni la bottiglia
la custodia il flacone la vaschetta
di preziosi vergini pòlimeri
di vetri di metalli non esausti
i fogli gl'involucri le buste
di carte cartoni ancora giovani
tu che getti incurante le tue cicche
di gomma insalivate e di tabacco
sui bordi i cigli viari e i marmi
presto o tardi quello che disperdi
che alla rinfusa mescoli coi torsoli
le bucce le ossa i gusci i nòccioli
la lampadina l'accendino il volantino
fa delle fosse tristi cimiteri
delle brezze effluvi teratogeni
latrine delle salate e dolci acque
alimenta malefici fuochi infine
da dove sgorga il tuo impulso
è studiato insulso o inconsapevole
è lo stesso che ti porta ad acquistare
gli strappi le sdruciture ai pantaloni
invece che lasciare al tempo
all'uso che te li dia gratuiti
che ti va muovere quintali di lamiera
al posto d'un leggero telaio tubolare
così da viaggiare allegro e sciolto
la Terra digerisce tutto certo
ogni intenzione e gesto umano
vomita la pena dello sciatto vivere
ci lascia a cucinare il brutto invece.

Marco Sclarandis

Thursday, June 29, 2017

Ho mire per più remoti luoghi

Qualcuno deve pur andar laggiù
passare il tempo necessario
su quell'eritreo arido pianeta
anche solo per provare a fondo
siderale nostalgia per la sua Terra
ed illusione di ritrovare senno perso
mai ritrovato su Selene o Giove o Venere
c'è chi vorrebbe farvi la sua tomba
forse ossessionato dal pensiero
delle carte da firmare dal conto da pagare
per aver perenne pace dentro un loculo
non mi sono candidato per il viaggio
ho mire per più remoti luoghi
accessibili soltanto con la capsula
capace di velocità istantanea
sia d'inerzia infinitesima che enorme
ma vulnerabile ad ogni svolta d'animo
tu che andrai su Marte vacci
decidi se tornare o rimanervi
dacci l'esempio di chi dovendo scegliere
opta per l'esilio od il rimpatrio.

Marco Sclarandis

Monday, June 5, 2017

La differenza.

Per chi è in grado ancora di notarla , ma sopratutto per chi non la nota nemmeno più.

"Ci sono volute 85 settimane e 1500 persone per ripulire i 2,5 chilometri di spiaggia di Mumbai, in India, ricoperti da 4 mila tonnellate di rifiuti. Una impresa colossale, guidata da Afroz Shah, giovane avvocato «Campione della Terra», grazie al premio ottenuto dall’Unep, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per la protezione ambientale, per il suo «luminoso impegno civile». 

 Quello che si è da poco concluso sulla spiaggia indiana è stato infatti una delle più grandi bonifiche mondiali. L'intera comunità - dagli abitanti delle baraccopoli alle stelle di Bollywood - si è impegnata in prima persona per restituire alla città, e ai turisti, la fruibilità della lunga spiaggia dorata resa invisibile da cumuli e cumuli di plastica, vetro, lattine e altri rifiuti. 

«Spero che questo sia solo l’inizio per le comunità costiere dell’India e del resto del mondo», ha dichiarato Shah. «Dobbiamo vincere la guerra contro la trasformazione del mare in discarica e dobbiamo farlo sporcandoci le mani. Noi esseri umani dobbiamo riaccendere il nostro legame con l’oceano e non c’è bisogno di aspettare che qualcun altro ci aiuti a farlo». 

 Un bellissimo esempio per celebrare il 5 giugno, la Giornata mondiale dell’ambiente istituita nel 1972 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite.


noemi penna

Pubblicato il 05/06/2017
Ultima modifica il 05/06/2017 alle ore 06:11


http://www.lastampa.it/2017/06/05/societa/viaggi/mondo/giornata-mondiale-dellambiente-da-discarica-a-spiaggia-pi-bella-di-mumbai-ecco-la-seconda-vita-di-versova-beach-iUhH8Q49mM14KATscyj2bL/pagina.html

Di questo fatto mi basta citare l'URL:

http://www.lastampa.it/2017/06/04/cronaca/scene-da-unapocalisse-in-piazza-san-carlo-aiuto-c-una-bomba-e-si-scatena-listeria-jRpBBiP0ZiZuBU1ZLgQa3H/pagina.html

Qui il risultato sono oltre 1500 feriti, dei quali un bambino in coma, una piazza disseminata di cocci e spazzatura,  e, secondo me, che rendere inoffensivi gl'imbecilli d'ogni genere e specie, sia una delle più grandi ed urgenti opere di misericordia.

Marco Sclarandis

Friday, May 26, 2017

Gombòci, Rubìchi, Mandelbroti e Lombrichi.

Gombòci, Rubìchi, Mandelbroti e Lombrichi.

Negli entusiasmanti anni '60 una rinomata ed ancora esistente azienda casearia italiana regalava un pupazzo che rimaneva sempre in piedi, comunque lo si cercasse di abbattere.
L'avevano chiamato Ercolino.

Il suo segreto pulcinellesco era un semplice peso situato e nascosto nella sua base, segreto che comunque rimanda a fondamentali concetti di fisica e di meccanica.

Molti anni più tardi un matematico russo di prim'ordine, Vladimir Igorevič Arnol'd si chiese se poteva esistere un Ercolino che rimanesse sempre dritto, senza il trucco del peso nascosto ai suoi piedi.
Anni dopo ancora, due ricercatori ungheresi, Gábor Domoko e PéterVárkonyi, dell'università di Tecnologia e di Economia di Budapest basandosi sugli studi di Arnol'd sono arrivati alla realizzazione di un oggetto che ritrova sempre la sua posizione diritta, ma solo in virtù della sua particolare forma geometrica.

Il Gömböc, appunto, il cui nome significa semplicemente “sferoidale”.

Anche se la storia di questo “patatoide” ma anche “tartarugoide” è gia interessante di per sé,
date le complesse indagini matematiche che ha richiesto per venure alla luce, è un oggetto similare all'Ercolino, ma d'origine giapponese, l'Okiagari-koboshi, che fa del Gömböc un simbolo
particolarmente importante, proprio per via dei “tempi interessanti” che stiamo vivendo.

Invito solo ad approfondire la storia dell' Okiagari-koboshi per rendersene conto.
E naturalmente, indagando si scoprirà facilmente anche la ragione della parola “tartarugoide”.

Sempre di un Ungherese, Ernő Rubik è l'invenzione del più famoso ed omonimo cubo di Rubik.
Che può essere visto come il simbolo della stupefacente origine e natura della complessità, in senso stretto e allargato.

Complessità che dà altro sfoggio di sé nel cosidetto “insieme di Mandelbrot” scoperto da Benoît Mandelbrot negli anni ottanta del secolo scorso.
Questa volta un Polacco d'origini lituane.

Una formula semplice ma ricorsiva dà origine ad una fantasmagorica figura geometrica, simile
ad un pupazzo di neve, e non dissimile da un Ercolino, ma baffuto ed irsuto, i cui particolari
infiniti ed infinitamente abbondanti ed autosomigliantsi fanno pensare alle allucinazioni da acido lisergico. Figura geometrica che rientra nella categoria dei frattali, dei quali la Natura fa abbondante uso, come chiunque può vedere comprandosi, per esempio, un umile cavolfiore.

E i lombrichi che cosa c'entrano?.

Beh, se l'ultimo libro del maestoso Charles Darwin parla proprio di loro, qualcosa di importante della loro esistenza l'aveva trovato.

Oggi più che mai abbiamo bisogno di diventare resilienti, ovvero di ritrovare stabilità dopo colpi ed avversità, caos e disordine.
Abbiamo bisogno di capire più a fondo come semplici azioni possono sfociare in comportamenti complessi, potenzialmente distruttivi, ma pure inaspettatamente benèfici.
Dobbiamo ammettere che la nostra esistenza dipende ancora da esseri apparentemente insignificanti come quegli insancabili minatori che tanto hanno affascinato il Principe dei naturalisti.

Allora, un Gömböc, un cubo di Rubik, un frattale come quello dell'insieme di Mandelbrot, assumono un significato che travalica l'oggetto in sé.

Andiamo a cercare dei lombrichi e impieghiamo un pochino di tempo ad osservarli.
Anche se non siamo delle menti geniali come Darwin, può essere che dai labirinti intricati
della nostra, più ordinaria, spunti un tarlo che ci indica la strada da seguire per i giorni a venire.

Marco Sclarandis






















Friday, February 17, 2017

Della vita ogni suo cancello

Allora quand'ero di metà statura
mi sembrava troppo facile
che bastasse una parola sola
detta da quel visionario nazareno
per essere salvati da eterno pianto
e dallo stridere di denti ed anche
istigazione a ripetere il delinquere
infatti era quanto di più arduo esista
in questo mondo di regola e disordine
aspettare la pronuncia di quelle poche sillabe
nulla annienta un umano innocente o reo
quanto una prolungata attesa
e l'insinuarsi dell'idea che il dubbio
sia la materia di cui tutto è fatto
ora che so per certo
che ogni cosa termina
non vedo altra soluzione
che ricevere quella chiave
la cui pronuncia apre
della vita ogni suo cancello.

Marco Sclarandis

Saturday, January 28, 2017

Sei sosia d'uno altrettanto noto?

Ma tu chi sei
sei un volto noto
sei sosia di uno altrettanto noto
che sorridere ci faceva
con un cilindro un po’ ammaccato
bastone e delle scarpe scalcagnate

Perché non parli forse che sei muto
no la tua voce l’hanno conosciuta molti
miliardi ormai
e ancora incanta col suo timbro irato
anche se graffiata da magnetofono obsoleto
anche se artefatta da altoparlante rotto

lo so chi sei

Ma qui tu sai dove noi siamo
d’Ade non ne ha algido e plumbeo aspetto
di Purgatorio nemmeno perché troppo disabitato
poi se fosse cosa temo essere
io qui
senza condanna messoci che cosa ci farei
ancora non sottoposto a giudizio definitivo
Vedo che sbarri tratti sulle tue braccia nude
cinque o sei per volta con linee orizzontali

Sì, sono miliardi d’anni
che in loco devo trascorrere
uno per ciascuno nemmeno uno escluso
di quelli che ho mandato al rogo

Quindi questo non è l’Inferno

No non credo che lo sia

Dimmi sei tu allora
che hai meccanizzato l’annientamento
reso lo sterminio pratica
da svolgersi d’ufficio
sì sei proprio tu
in attesa di espiazione

Attesa

che cosa vuol dire attesa

Niente niente è una parola morta.

Marco Sclarandis








Saturday, December 24, 2016

Auguri!

Prima di partir per Marte
per infiggervi stendardo di Terrestre
innalzare antenna sul presidio
preferirei recarmi nel deserto
che sia Atacama Gobi od il Sahara
e convertirvi una giornata di arenile
ad orto ad oasi anche a pergola
senza pretese da Duce o Imperatore
ma per capire se la Palma il Fico d'India
sarebbero disposti a far ombra all'Insalata
e questa s'accontenterebbe di bersi la rugiada
ma ancora prima di introdurmi nella capsula
di allestire il bagaglio il fuoristrada
vorrei terminare l'anno in gloria
quella più vicina alla baldoria
ed alla frenesia alla furia più lontana
montare un Presepio un Albero addobbare
invitando Capre Cavoli Lupi Contadini
gingilli ninnoli e luccicanti cianfrusaglie
non credo sia desiderio troppo ardito
insana vanità da sàtrapo orientale
anzi mi sembra un simpatico proposito
che sarebbe innocuo anche diventando universale
e poi se dovessi al viaggio rinunciarvi
mi basterebbe una parabola orientata
verso quel pianeta dall'atmosfera inospitale
e captare quella voce di astronauti
arrivati lassù come dei Magi
per sentirmi come un Regalo di Natale
in attesa della settimana che precede l'Anno Nuovo.

Marco Sclarandis