Da Eddyburg.it
Società e politica
L’economia di mercato uccide i valori morali: la scienza lo prova, e ora sappiamo i perché
Con lo studio "Morals and Markets" un esperimento che ha coinvolto
700 persone e molti topi. Nel rapporto causale con la moralità la prima
vittima del Mercato è la responsabilità individuale. Greenreport
, 2 agosto 2013
Molti di noi posseggono uno smartphone. E a molti di noi sarà capitato,
proprio di fronte a questi telefonini, di lasciarsi andare al fascino
della marca, dello status symbol, delle potenzialità esponenzialmente
crescenti di oggetti iper-tecnologici. Nello scegliere tra ciò che offre
il mercato, ogni catalogo è sfogliato quasi fosse un breviario, alla
ricerca della migliore offerta o del rapporto qualità/prezzo più
soddisfacente.
Sullo sfondo, come un rumore bianco, il pensiero
di dove quel telefono è stato fabbricato. Con quali componenti? Il
nostro telefono usa materiale
environmental friendly? L’azienda
che lo produce rispetta vincoli stringenti di sostenibilità? E, ancora, è
stato impiegato lavoro minorile sotto-pagato per produrre il nostro
telefono? Oppure no? Queste domande, forse, assillano i nostri desideri
per qualche minuto. E poi tornano a fare il loro lavoro: quello, cioè,
dell’ininfluente rumore bianco.
La questione non è banale perché
si tratta di un tema centrale delle letteratura non solo economica, ma
anche sociologico-antropologica: qual è il rapporto tra economia di
mercato e valori morali?
Il filosofo Michael Sendel, autore di
un corso di teoria della giustizia che è un clamoroso successo anche su
Youtube, ha scritto un saggio molto rilevante, (
Quello che i soldi non possono comprare (I limiti morali del mercato), in cui affronta rigorosamente il tema.
Da un punto di vista empirico, tuttavia, è ancora più rilevante lo studio pubblicato su
Science
da due ricercatori, Amin Falk e Nora Szech (università di Bonn): Morals
and Markets . Attraverso il metodo sperimentale, infatti, i due
studiosi hanno investigato il nesso causale tra mercato e valori morali,
giungendo a un risultato tanto robusto quanto rilevante: l’economia di
mercato erode i valori morali.
Lo studio è semplice e ben
congegnato. Sostanzialmente, più di 700 soggetti sono stati divisi in
tre gruppi (per ripetute sessioni), ognuno dei quali ha partecipato a un
trattamento diverso che aveva di fronte il medesimo dilemma: scegliere
tra la possibilità di ricevere del denaro o salvare la vita a un
topolino.
Un primo gruppo di persone (
individual treatment)
ha partecipato all’esperimento senza interazioni con altri. Ogni
soggetto di questo gruppo veniva messo di fronte a due opzioni:
- opzione A: ricevere 10 euro di compenso
- opzione B: salvare la vita a un topolino, altrimenti destinato ad essere eliminato dai ricercatori del laboratorio
Il secondo gruppo di persone, invece, ha partecipato a un esperimento (
bilateral market)
in cui, a coppie, si creava un’interazione tra un possibile venditore –
cui veniva data, di fatto, in dotazione la vita del topolino – e un
possibile compratore, per una negoziazione massima di 20 euro. In
sostanza, il venditore poteva decidere se vendere la vita del topolino o
se rifiutare qualunque scambio, salvando così l’animale. In caso di
accordo, il venditore riceveva il prezzo e il compratore i 20 euro meno
il prezzo pattuito. La morte del topolino, conseguenza della
negoziazione, è un perfetto esempio di esternalità negativa di uno
scambio.
Un ultimo gruppo, infine (
multilateral market) ha
partecipato all’esperimento con un’asta che consisteva in un mercato di
9 venditori e 7 compratori, in cui si poteva contrattare, come sempre,
la salvezza del topolino o un determinato prezzo per cui venderla.
I
risultati sono molto interessanti: nel trattamento individuale, solo il
45.9% degli individui decide di accettare i 10 euro, determinando la
morte del topo; nella negoziazione a 2, il 72.2% delle persone vende la
vita del topo per un prezzo inferiore a 10 euro; infine, nel trattamento
con asta multilaterale, il 75.9% dei giocatori vende la vita del
topolino, con prezzi che crollano drasticamente.
L’interpretazione offerta dai ricercatori offre molteplici spiegazioni:
-
Quando ha luogo un’interazione di mercato, il fatto che ci siano più
persone implica automaticamente la possibilità di condividere una
responsabilità e, di conseguenza, anche la colpa di un atto immorale
-
L’interazione di mercato rivela, attraverso uno scambio di
informazioni, anche le norme sociali di un particolare contesto. Questo
fa sì che, se una persona vede qualcun altro vendere la vita di un topo,
può pensare che ciò sia moralmente accettabile. E compiere di
conseguenza la medesima scelta
- Quanto più il mercato si amplia,
tanto più prevale una sorta di liquefazione della responsabilità e di
marginalità del singolo soggetto coinvolto. Se chi partecipa a un
mercato arriva a pensare che il suo comportamento sia ininfluente per
l’esito finale dello scambio, una sorta di rilassamento morale potrebbe
prevalere.
Lo studio di Falk e Szech è di grande rilevanza,
soprattutto in tempi di economia globale e crisi, allorché proprio la
deresponsabilizzazione ha generato, nel mondo finanziario, comportamenti
speculativi e immorali non in grado di tenere nel dovuto conto le
conseguenze di lungo periodo di un azzardo morale.
I due
ricercatori concludono l’articolo senza un giudizio di merito
sull’economia di mercato: nessuno, infatti, sostiene che altre modalità
di rapporto tra economia e società (economie centralizzate e
totalitarie, per esempio) producano risultati moralmente più
accettabili. Questo studio, tuttavia, getta luce in modo
scientificamente robusto sul rapporto causale tra mercato e valori,
ponendo l’accento sulla questione della responsabilità. Un principio
troppo spesso negletto dalla società odierna.