Sunday, June 21, 2015

Chi può mai essere?



Che dice queste cose?

"Il clima è un bene comune, di tutti e per tutti. Esso, a livello globale, è un sistema complesso in relazione con molte condizioni essenziali per la vita umana. Esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico. Negli ultimi decenni, tale riscaldamento è stato accompagnato dal costante innalzamento del livello del mare, e inoltre è difficile non metterlo in relazione con l’aumento degli eventi meteorologici estremi, a prescindere dal fatto che non si possa attribuire una causa scientificamente determinabile ad ogni fenomeno particolare. L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita,di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono o lo accentuano. E’ vero che ci sono altri fattori (quali il vulcanismo, le variazioni dell’orbita e dell’asse terrestre, il ciclo solare), ma numerosi studi scientifici indicano che la maggior parte del riscaldamento globale degli ultimi decenni è dovuta alla grande concentrazione di gas serra (anidride carbonica, metano, ossido di azoto ed altri) emessi soprattutto a causa dell’attività umana. La loro concentrazione nell’atmosfera impedisce che il calore dei raggi solari riflessi dalla terra si disperda nello spazio. Ciò viene potenziato specialmente dal modello di sviluppo basato sull’uso intensivo di combustibili fossili, che sta al centro del sistema energetico mondiale. Ha inciso anche l’aumento della pratica del cambiamento d’uso del suolo, principalmente la deforestazione per finalità agricola.

 A sua volta, il riscaldamento ha effetti sul ciclo del carbonio. Crea un circolo vizioso che aggrava ancora di più la situazione e che inciderà sulla disponibilità di risorse essenziali come l’acqua potabile, l’energia e la produzione agricola delle zone più calde, e provocherà l’estinzione di parte della biodiversità del pianeta. Lo scioglimento dei ghiacci polari e di quelli d’alta quota minaccia la fuoriuscita ad alto rischio di gas metano, e la decomposizione della materia organica congelata potrebbe accentuare ancora di più l’emissione di anidride carbonica. A sua volta, la perdita di foreste tropicali peggiora le cose, giacché esse aiutano a mitigare il cambiamento climatico. L’inquinamento prodotto dall’anidride carbonica aumenta l’acidità degli oceani e compromette la catena alimentare marina. Se la tendenza attuale continua, questo secolo potrebbe essere testimone di cambiamenti climatici inauditi e di una distruzione senza precedenti degli ecosistemi, con gravi conseguenze per tutti noi. L’innalzamento del livello del mare, ad esempio, può creare situazioni di estrema gravità se si tiene conto che un quarto della popolazione mondiale vive in riva al mare o molto vicino ad esso, e la maggior parte delle megalopoli sono situate in zone costiere.

 I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità. Gli impatti più pesanti probabilmente ricadranno nei prossimi decenni sui Paesi in via di sviluppo. Molti poveri vivono in luoghi particolarmente colpiti da fenomeni connessi al riscaldamento, e i loro mezzi di sostentamento dipendono fortemente dalle riserve naturali e dai cosiddetti servizi dell’ecosistema,come l’agricoltura, la pesca e le risorse forestali. Non hanno altre disponibilità economiche e altre risorse che permettano loro di adattarsi agli impatti climatici o di far fronte a situazioni catastrofiche, e hanno poco accesso a servizi sociali e di tutela. Per esempio, i cambiamenti climatici danno origine a migrazioni di animali e vegetali che non sempre possono adattarsi, e questo a sua volta intacca le risorse produttive dei più poveri, i quali pure si vedono obbligati a migrare con grande incertezza sul futuro della loro vita e dei loro figli. E’ tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, i quali non sono riconosciuti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa. Purtroppo c’è una generale indifferenza di fronte a queste tragedie, che accadono tuttora in diverse parti del mondo. La mancanza di reazioni di fronte a questi drammi dei nostri fratelli e sorelle è un segno della perdita di quel senso di responsabilità per i nostri simili su cui si fonda ogni società civile.

Molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi, cercando solo di ridurre alcuni impatti negativi di cambiamenti climatici. Ma molti sintomi indicano che questi effetti potranno essere sempre peggiori se continuiamo con gli attuali modelli di produzione e di consumo. Perciò è diventato urgente e impellente lo sviluppo di politiche affinché nei prossimi anni l’emissione di anidride carbonica e di altri gas altamente inquinanti si riduca drasticamente, ad esempio, sostituendo i combustibili fossili e sviluppando fonti di energia rinnovabile. Nel mondo c’è un livello esiguo di accesso alle energie pulite e rinnovabili. C’è ancora bisogno di sviluppare tecnologie adeguate di accumulazione. Tuttavia, in alcuni Paesi ci sono stati progressi che cominciano ad essere significativi, benché siano lontani dal raggiungere una proporzione importante. Ci sono stati anche alcuni investimenti in modalità di produzione e di trasporto che consumano meno energia e richiedono minore quantità di materie prime, come pure in modalità di costruzione o ristrutturazione di edifici che ne migliorino l’efficienza energetica. Ma queste buone pratiche sono lontane dal diventare generali.

Questo scritto è parte di una lunga dichiarazione rivolta all'umanità intera.

Unico indizio per svelare l'arcano: Lo scrittore s'è laureato in chimica.

Marco Sclarandis
 

Tuesday, May 26, 2015

Confessa il verme in fin di vita



Ho immaginato di chiedere alla vongola
di darmi la sua vita in cambio di qualcosa
e lei mi ha detto vai a chiedere a quel gambero
ed il gambero mi ha indicato il calamaro
e quello ancora il polipo affamato
e questo un tonno passeggero
che cosa si sian detti tra di loro
mi è più cifrato d'un codice in armeno
alla fine trovata una gallina all'apparenza scaltra
che infatti mi ha portato a domandare a un toro
molto cortese questo mi ha risposto subito
dammi un mese d'erba fresca e quella mucca
convincila a farsi sedurre dai miei scalpiti
così ho fatto e la quinta settimana
il banchetto ha sfamato tutti del paese
ma il dubbio resta profondo ed indigesto
fu un martire quel potente essere cornuto
o un santo o solo consapevole o neanche
che di qui si passa per divenire pranzi
a volte cene senza ragioni conoscibili
ma una ragione ultima dev'esserci
forse la conosce il verme masticando la carcassa
e la confessa al merlo solo in fin di vita.

Marco Sclarandis

Saturday, May 23, 2015

Biciclettata adriatica, 2 giugno 2015

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Lascia la trivella premi la pedivella.

Da quanto tempo dura l’era del petrolio?
Da poco più di un secolo e mezzo.
Durante il quale questa fetida ambrosia oleosa ci ha permesso la soddisfazione di desideri antichi come le montagne e che immaginavamo solo Dei d’un Olimpo potessero soddisfare.
Distillato due volte.
Una prima volta nel roccioso profondo geologico ed una seconda nei più grandi e mostruosi alambicchi che la mente umana abbia mai concepito e costruito.
Mille miliardi di barili, centocinquantanove chilometri cubi, centotrenta miliardi di tonnellate.
Pressochè il volume dei laghi italiani messi insieme.Questa è la stima di quello che abbiamo estratto dalla Terra durante tutto questo breve passato, brevissimo se confrontato alla storia umana, mille volte almeno, più lunga e di quella del petrolio stesso, più di un milione di volte più lunga ancora.
Agli occhi di  un pianeta satellite come la Luna, un fuoco fatuo.
Fuoco fatuo è l’immagine migliore per descrivere l’estrazione di questo inebriante rosòlio dai mari italiani.E fuoco ancor più fatuo sarebbe quella d’ora in poi dal mare Adriatico.
Questa affermazione non si fonda su congetture fantasiose o su notizie da articoli da scoop giornalistico.
Ci sono dei fatti e dei dati che chiunque può trovare, sapendo cercarli, di varie fonti che provano che le cose stiano in questi termini.
Si può incominciare da “Il paese degli elefanti”
-miti e realtà sulle riserve italiane degli idrocarburi- di Luca Pardi, Lu::ce edizioni.
Un libretto agile che è come il bandolo di una matassa di conoscenze intricate ma fondamentali.
Quindi nessun oscuro complotto o arcane verità rivelate a pochi adepti.
Solo fatti, e non riguardano solo il piccolo incantevole lago salato mediterraneo, qual è
l’Adriatico, ma tutto il pianeta, che ci dicono come e quanto, il petrolio ci abbia ormai dato il meglio che avrebbe potuto darci, sebbene noi siamo riusciti a distillarne anche molto del peggio.
Due guerre mondiali tanto per farne un esempio.
Ci sono ottime, eccellenti ragioni per non trivellare l’Adriatico, indipendentemente da qualsiasi quantità d’idrocarburi fossili possano esservi sepolte.Fortunatamente il carbone si trova sepolto in altri luoghi.
Ma la principale, quella sovrastante tutte, è che dobbiamo smettere immediatamente di bruciare
queste sostanze, se vogliamo tenerci un clima a cui ci siamo abituati da millenni.
E’ un’impresa quasi sovrumana, questa dismissione.
Perché da tre secoli, con il carbone prima, il petrolio dopo e per finire con l’uranio e il plutonio,
ci siamo abituati a vivere con un flusso d’energia e di risorse d’ogni genere, che ha qualcosa di
molto affine ad una tossicodipendenza.
Qualsiasi cosa, che dia insieme assuefazione e dipendenza, insieme a gravi danni alla salute, viene considerata una droga tossica.
Il petrolio, è da considerarsi una di queste cose, non c’è dubbio.Non è la sostanza maligna in sé stessa, ma quello che ci ha portato a fare.Pure l’alcool produce in noi effetti simili, e lo sappiamo da millenni.Ma il petrolio s’è rivelato una droga speciale, quasi una quintessenza delle altre.
Ecco allora che uno dei mezzi per cominciare la cura disintossicante, è sicuramente l’umile velocipede.Un congegno leonardesco che ha dovuto attendere quasi mezzo millennio per venire alla luce.
E’ il mezzo che tuttora ha la massima efficienza nel trasportare uomini bestie e cose dovunque.
Come ogni mezzo, ha i suoi limiti, ma considerati i vantaggi, è un capolavoro della natura umana.
La bicicletta amplifica le nostre capacità, pur lasciandoci consapevoli del confine oltre il quale inizia la dismisura, l’hybris, la follia che porta alla perdizione.
Un mondo in equilibrio su due ruote e con l’ausilio d’un manubrio è come un sogno rinascimentale
realizzato, ma esente dai suoi aspetti più foschi.
Poche cose sono appaganti, romantiche, desiderabili, accessibili, come una lunga gita in bicicletta, anche in un mondo che tuttora romba e sferraglia d’ordigni funzionanti con quella ambrosia, cibo degli dei, ma fetida ed untuosa, pregna di nerissi incubi.
La costa adriatica ci aspetta.

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Marco Sclarandis

Thursday, May 21, 2015

Thursday, May 14, 2015

Guida rapida per i cosiddetti esperti petroliferi


 

"Guida rapida per i cosiddetti esperti petroliferi"

http://www.ugobardi.blogspot.it/2015/05/guida-rapida-per-i-cosiddetti-esperti.html

Questo articolo di Antonio Turiel mi ha ispirato queste considerazioni:

Dismisura*.
Questa mi sembra la parola che sta alla radice della situazione inequivocabilmente catastrofica in cui ci troviamo.
E la dismisura sta sia nel troppo poco come nel troppo.
Si può discutere per anni  sulla quantità e qualità dell'energia e delle materie prime seconde e terze di cui avremmo bisogno per vivere, perchè ciò che viene condiderato vivere per qualcuno è per qualcun altro un mero sopravvivere.
Siamo in troppi? O pretendiamo troppo? O peggio la combinazione esponenziata delle due cose? ( quindi peggio che la loro somma o moltiplicazione)
Se, e credo che più che un "se" sia un "certamente" il petrolio, quei mille miliardi di barili finora impiegati, ci hanno via via drogato nell'arco di un solo secolo e mezzo, come ha mirabilmente ipotizzato Nate Hagens in un suo articolo di anni fa, allora è arrivata la crisi d'astinenza.
E comunque, nemmeno l'energia rinnovabile e la perfetta chiusura di ogni cerchio, come direbbe Barry Commoner, possono salvarci dalla nostra natura.
Il bisogno spirituale cui fa accenno Paolo 14 maggio 2015 10.46 credo che sia quello di conciliare la consapevolezza della finitezza dell'esistenza con il desiderio di vita almeno perenne, se non eterna.
Detto questo, e non è certo una novità, il più, il di più, che ormai è diventato un troppo, un mostruoso ecceso in ogni ambito, crea soltanto perdite disastrose dovumque.
Una di queste è la tanto declamata biodiversità, ovvero quell'insieme "d'infinite forme bellissime" di cui ora ne vive sulla terra un centesimo di quelle comparse all'inizio della vita terrestre, e che entro questo secolo potrebbe essere più che dimezzata.
Noi umani siamo forse fuori dalla Natura?
Non credo proprio, anzi siamo l'eccesso degli eccessi della Natura stessa.
Siamo qui da poco tempo, ma misurare il tempo in anni potrebbe essere sbagliato nel nostro caso.
Se lo misurassimo in "spazio dell'immaginazione" di cento miliardi di esseri come noi, tale è la stima dell'Homo fatto come noi o molto simile finora vissuti, questo spazio sarebbe immenso.
E forse occorrerebbe un universo come quello osservabile per contenerlo.Anzi, un arso vivo quale fu Giordano Bruno osò pensare che forse non sarebbe bastano neanche.
Ma siamo qui, stipati sulla superficie d'un pianeta dove ormai abbiamo pro-capite soltanto un grosso cortile di terraferma ed abitabile.
Questa mi pare la dimensione anzi la pluridimensione dell'epoca che stiamo vivendo.
Noi siamo dismisura incarnata.Da millenni e millenni e millenni.E l'abbiamo sempre saputo.
Se è così, può anche essere che Madre e Matrigna e Madonna Natura, ora che abbiamo raggiunto il confine invalicabile se non con la morte, abbia per noi in serbo qualche stupefacente soluzione.
Eugenio Finardi** scrisse una memorabile canzone a proposito, e decenni fa ormai, ma quei "Dove sono tutti quanti"***, appunto dove sono?.
Io credo che siamo noi stessi medesimi appena cerchiamo di vederci come ci vede un altro.
Da qui possiamo di volta in volta trovare una misura esatta, il nè troppo, nè troppo poco, quel giusto abbondante di cui abbiamo un disperato bisogno.
Hybris - Wikipedia 


*Hybris (ˈhyːbris, in greco antico ὕβϱις, traslitterato in Ýbris) è un topos (tema ricorrente) della tragedia greca e della letteratura greca, presente anche nella Poetica di Aristotele. Significa letteralmente "tracotanza", "eccesso", "superbia", “orgoglio” o "prevaricazione".
Nella trama della tragedia, la hýbris è un evento accaduto nel passato che influenza in modo negativo gli eventi del presente. È una "colpa" dovuta a un’azione che vìola leggi divine immutabili, ed è la causa per cui, anche a distanza di molti anni, i personaggi o la loro discendenza sono portati a commettere crimini o subire azioni malvagie. Al termine hýbris viene spesso associato, come diretta conseguenza, quello di "némesis", in greco νέμεσις, che significa "vendetta degli dei", "ira", "sdegno" e che quindi si riferisce alla punizione giustamente inflitta dagli dei a chi si macchia di tracotanza. Degno di nota è persino il concetto relativo all'"invidia degli dèi" (in greco ο φθόνος των θεών). In molte tragedie, infatti, essa costituisce lo sviluppo narrativo che porta come conseguenza al commettere un atto di hýbris e, di conseguenza, essere uno hýbristes ossia colpevole di tracotanza. Questa "colpa" ha origine nella natura umana come anello mancante tra le bestie e le divinità. In senso pratico, quindi, l'uomo ha l'imperativo di non cercare di rendersi "divino" così come avvicinarsi ad una condizione animalesca. In entrambi in casi si può incorrere nel peccato di hýbris. Questo è ciò che accade, ad esempio, nel racconto di Icaro, colpevole di aver voluto cercare una condizione di sola prerogativa divina (ossia l'essersi costruito delle ali di cera per volare) e successivamente punito dagli stessi dèi, poiché macchiato appunto del peccato di hýbris.
Il tema ricorre spessissimo nella Divina Commedia di Dante Alighieri in ottica cristiana; qualsiasi peccato può essere ricondotto alla hybris dell'uomo, che tenta di arrivare con la ragione a comprendere i misteri del divino, ponendosi egli stesso come Dio.


**://www.youtube.com/watch?v=JiC4u3xB8Cc

***http://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Fermi

 

Marco Sclarandis

Wednesday, May 6, 2015

Quali Giuseppe quali



Quali di tutte quelle otterà sconto
Giuseppe tu che le hai di fronte viste
tu che hai vissuto a lungo al fronte
e hai varcato molteplici frontiere
 

quella dell’annegato ad un braccio dalla riva
o l’altra dell’inumato sotto cataste di mattoni
del prescelto dalla vana sorte
per recitare la parte d’affamato
o di chi ha messo piede in casella errata
proprio al momento inopportuno

non le considero neanche quelle
che Giacomo vedeva
come imparziali esecuzioni
di matrigna spietata ma imparziale

in quale inimmaginabile mercato
avverrano le transazioni apocalittiche
che metteranno fine a tanto commercio assurdo

ieri avrei ceduto anni presunti insopportabili
in cambio di partenza anticipata
oggi sono già reo pentito
domani temo che ritratterò di nuovo
ad ogni lutto che non sappia incasellare

Quali Giuseppe quali
si scontano consumando logorando vita
quali vanno invece pagate per intero.


Marco Sclarandis

A caso uno su miriade

Mantide che mi guardi
e stai al gioco delle mie dita umane
mi sbaglierò ma in te vedo estremo desiderio
di perdere anche le ali e gelida ferocia
pur di ottenere metamorfosi
no tu non vuoi mutarti in altro vertebrato
o in uno qualsiasi esistente al mondo
vuoi le mie membra la mia mente
non so come ma sento che sai della mia ebbrezza
e vuoi provarla offrendo in cambio vita
distogliti splendida audace creatura
da questa insana brama
tu tendi l'agguato all'afide alla falena al ragno
noi lo facciamo tra di noi
anche dopo il pranzo e sazi
così come se fossimo insetti condannati
a uscir di celletta o favo o guscio
solo per perpetuarci
a caso uno su miriade.


Marco Sclarandis