Mai l'ho visto a tu per tu
nè sentito per smarfone
via web sat televisione
ho l'effigie in formato francobollo
ingrandibile fino a formato protocollo
più che altro una foto per l'identificazione
in compenso ho avuto molteplici contatti
scintillanti come quelli intercorrenti
tra una dinamo ed un accumulatore
sovente penso a quei sei gradi
quelli detti di separazione
onde per cui tutti siamo collegati
ad Alessandro, quello Magno e quelli
omonimi ma di magnitudine inferione
e guardo ai fili all'intrico di circuiti
su cui è stampata la nostra relazione
fatta di botte e di risposte innocue
scritte sullo schermo d'elementi
d'elettronica pittura evanescente
non è amico conoscente e men che meno
un passante un perfetto sconosciuto
è un presente ora entrato
nell'ortobotanico interiore
dove a volte spunta un'erba nuova
e ci induce ad aspettare
almeno fino a quando sbocci in fiore.
Marco Sclarandis
Thursday, November 26, 2015
Del gridare al miracolo
Quando i miracoli avvengono un po' troppo spesso, allora vuol dire che forse erano qualcos'altro.
Forse, anzi di sicuro, abili trucchi da bisca clandestina.
E' da più di quarant'anni che schiviamo collassi di varia natura, che sia politica, sociale, economica, culturale e colturale o d'altro genere, fa lo stesso.
Ora ci sono tutte le condizioni per collassare in modo catastrofico.
Se ciò non avvenisse a breve, sarebbe davvero un miracolo.
E ci vorrebbe davvero un miracolo, forse dovrei dire un prodigio, per deviare dal binario morto
sul quale stiamo correndo senza freni.
Ma, credo che sia meglio fare innumerevoli umili gesti per ottenere la magia di una salvezza collettiva, coordinandoci come gli stormi di migratori, o atomi eccitati di cromo in un rubino,
lasciando perdere ogni desiderio d'evangelizzazione missionaria della propria fede,
e dichiarando piuttosto quella nei propri desideri ed intenzioni.
Vuoi sul serio vivere anche cent'anni e in pace? Dillo!
Vuoi invece vivere credendoti re della foresta urbana e suburbana? Dillo,
ma non fingendo che desideri la rivoluzione, che tanto, di camaleonti ne conosciamo abbastanza
da esserne quasi degli esperti.
Tra cinque anni potrebbero esserci un miliardo di morti soprannumerari, ovvero eccedenti quelli che l'ordinaria sorte prescrive.
E allora?
Succede!
O no?
O succede se facciamo quasi tutto il necessario perchè succeda?
E avendolo fatto, poi perchè stupirci dell'atteso risultato?
Ma, perchè sprecare parole al vento quando è in arrivo un uragano?
Perchè ci piacerebbe mandarlo indietro con un miracoloso "Vade retro!"
Ma è meglio urlare "Vieni nel rifugio!", se lo si è preparato, ovviamente.
Ci vuole un poco più di fiato ma potrebbe essere un buon investimento.
Marco Sclarandis
Forse, anzi di sicuro, abili trucchi da bisca clandestina.
E' da più di quarant'anni che schiviamo collassi di varia natura, che sia politica, sociale, economica, culturale e colturale o d'altro genere, fa lo stesso.
Ora ci sono tutte le condizioni per collassare in modo catastrofico.
Se ciò non avvenisse a breve, sarebbe davvero un miracolo.
E ci vorrebbe davvero un miracolo, forse dovrei dire un prodigio, per deviare dal binario morto
sul quale stiamo correndo senza freni.
Ma, credo che sia meglio fare innumerevoli umili gesti per ottenere la magia di una salvezza collettiva, coordinandoci come gli stormi di migratori, o atomi eccitati di cromo in un rubino,
lasciando perdere ogni desiderio d'evangelizzazione missionaria della propria fede,
e dichiarando piuttosto quella nei propri desideri ed intenzioni.
Vuoi sul serio vivere anche cent'anni e in pace? Dillo!
Vuoi invece vivere credendoti re della foresta urbana e suburbana? Dillo,
ma non fingendo che desideri la rivoluzione, che tanto, di camaleonti ne conosciamo abbastanza
da esserne quasi degli esperti.
Tra cinque anni potrebbero esserci un miliardo di morti soprannumerari, ovvero eccedenti quelli che l'ordinaria sorte prescrive.
E allora?
Succede!
O no?
O succede se facciamo quasi tutto il necessario perchè succeda?
E avendolo fatto, poi perchè stupirci dell'atteso risultato?
Ma, perchè sprecare parole al vento quando è in arrivo un uragano?
Perchè ci piacerebbe mandarlo indietro con un miracoloso "Vade retro!"
Ma è meglio urlare "Vieni nel rifugio!", se lo si è preparato, ovviamente.
Ci vuole un poco più di fiato ma potrebbe essere un buon investimento.
Marco Sclarandis
Wednesday, November 25, 2015
Della complessità-Vita d’un commesso viaggiatore
Della
complessità-Vita d’un commesso viaggiatore
Leopoldo,
immaginiamolo con questo nome, vende lampadine.
A
domicilio. Forse anche altra varia merce, per arrotondare.
E’capace
e nei lunghi bui del suo paese nordico prepolare
non
mancano clienti, sebbene siano problematici.
Sparsi
come uvetta in panettone, visitarli tutti implica fare molta strada.
E
allora bisogna cercare il modo di ridurla all’essenziale.
Questo,
ingannevolmente, è uno più difficili problemi che mente umana abbia da
risolvere.
Uno
dei più esemplari, alla vita reale collegati.Con trame sorprendenti.
Collegato
per esempio con quello dei telefoni, che in fondo sono strade percorse da
vetture
fatte
di voci da mandare alla dovuta destinazione.
Il
primo dei clienti, ancora il solo, è solo una questione di
se e quando partire per la vendita, tentata.
Col
secondo idem, solo di decidere quale incontrare prima.
Con
il terzo l’insidia comincia ad insinuarsi
Basta
disegnar le vie per rendersene conto.
Siamo
di fronte a infiniti quadrilateri e triangoli, a meno che per raro caso
non
abitino tutti sulla stessa dritta strada.
L’ingenuo
può pensare, che una cinquina o una decina facciano poca differenza.
Per
svegliarlo da illusione basta mandarlo a spasso, come procacciatore.
Cento
persone a cui vendere, lampadine, scope o vettovaglie, cosa sono.
Di
certo non una multinazionale da condurre.
Un
lavoro da semplice commesso viaggiatore.
Ma
in realtà è un problema che esplode
fulmineo in una nube di soluzioni approssimate .
Magari
molto simili alla miglior di tutte, ma questa, imprendibile
come
un gatto del Cheshire, o come quello di Scrodingher, dall’apparente salma
tramortita
in
una scatola inoculata di radio e di
veleno.
Tantissimo
buon senso deprivato dell’unica, e forse anche inesistente, perfetta divina
soluzione.
Ma
all’orgoglio d’Adamo ed Eva ammirazione, indispensabile.
Ad
Oslo, Reykjavik, Vladivostok, il rovello non si pone.
Il
tempo perso per il calcolo del tragitto minore in assoluto
vale
molto meno di quello sprecato a farne uno più lungo.
Una
sfida alla casalinga intuizione.
Solo
nella labirintica mente matematica, mostruosa struttura imparentata con
l’ungherese
cubo colorato, il dilemma regna sovrano e intatto.
Così
è la Vita, del
solitario passero in cerca di granaglie.
Del
commesso in grisaglia, per quotidiani affari.
Complessa
oltre umana immaginazione, compressa in due bracciate d’ossa e di pelliccia.
Già
a partire da creature paghe e sazie, di vivere a miriadi sulla capocchia anzi
punta,
d’uno
spillo.
Guarda
la volta celeste all’imbrunire, fino a che non diventi notte.
Non
sono così nemmeno tante quelle tremolanti luci, nemmeno una miriade, ai nostri
limitati
occhi.
Ora
immaginati Leopoldo diventato cosmonauta, a vendere tendine da metter alle
finestre,
cosi’
che la riservatezza diventi un valore universale.
Con
limitato carburante, da filosofico il problema si fa algebrico, teleologico,
forse irrazionale.
Con
sgomento potremmo dire indecidibile.
I
sentieri trascendenti, nella mente degli umani, brillano di bave di lumache.
Marco
Sclarandis
Tuesday, November 24, 2015
Scimitarra e ruggente panoplia
Disse il Califfo al Signorotto
ho fatto un brutto sogno per davverote lo racconto siccome sei mio amico
sai tu che vaneggi di grandezze
per il tuo feudo che diventi marchesato
ho visto una folla esagitata
scaldarsi davanti ad un altare
strano perchè inchinarsi con ardore
di fronte a due stipiti e una lama
che viene alzata ed abbassata
mi pareva spettacolo noioso
del rito poi ho capito il senso chiaro
a monarchi e corte si toglieva il capo
per una ragione intuitiva forse
avevano semplicemente esagerato
in feste e gozzoviglie da plebaglia
e a questa avevano la sbobba lesinato
non so che tempo fosse e dove
accadesse il cruento fatto
sventolava una bandiera strana
solo tre colori anzi due
che bianco non lo dovrebbe essere
svegliatomi vedendo un drappo nero
senza riuscire a leggerne le scritte
turbato ho fatto colazione
m'è parso di capire tutt'è due
risorgeremo in comuni terre
io con l'usuale scimitarra
tu con d'armi ruggenti panoplia
e dover a sangue ultimo combattere
per cosa poi non riesco
non riesco proprio a immaginare.
Marco Sclarandis
I fuochi di martirificio
Questi che si stanno facendo
saltare per aria per far precipitare nel dirupo miliardi di cosidetti, da
loro, infedeli, sono immancabilmente fatti di qualche molecola psicòtropa.
Niente di male in questo.
Cioè nella seconda parte del
tutto ciò.
Infedeli, elenco in cui io
sarei certamente incluso visto che non parlo arabo e non conosco il Corano, che
credo andrebbe letto in quella lingua, non per scelta ma per obbligo, ebbene
gli infedeli si fanno di una farmacia intera di sostanze.
Ma soprattutto di due in
particolare.
Una, più o meno densa,
viscida, scura, infiammabile, tossica per
l’ambiente,
ma presente nella vita di
ogni fedele di qualunque credo, anche in quello di chi non crede, o crederebbe se
potesse avere delle prove incontrovertibili e definitive.
L’altra, sarebbe ardito e
poetico definirla una sostanza, ma in sostanza si comporta come tale
nei suoi
travolgenti effetti.
E quindi si merita d’impeto l’epiteto.
In particolare un derivato di
questa sostanza, un intruglio talmente sofisticato che nemmeno chi lo produce
si ricorda sempre e per bene come sia riuscito a secernerlo dalla sua mente.
La materia prima da cui
deriva è una idea, cioè che se disegno una capra o un cavolo, un bastone ,
o un lupo, un contadino, un torrente o un fiume o l’avete
capito, qualunque cosa possa essere contata e raccontata, e riesco a convincere una
maggioranza di persone che quella rappresentazione vale come la cosa rappresentata,
allora il gioco funziona, tutti possono giocare al mercato.
Non sempre come la
totalità dei giocatori vorrebbe, ma chi s’accontenta riesce anche a divertirsi.
Da questa idea sono poi nate
diverse cose, con una deriva talvolta molto pericolosa.
Petrolio e derivati*
Ecco i due composti, uno biochimico
e l’altro di finanza alchemica che secondo la mia visione,
lo ammetto, influenzata dall’assunzione
di queste due stesse sostanze che credo, ed è una fede ormai quasi cieca, e non
solo slovacca, scherzo data la grevità e gravità dell’argomento,
ecco i due composti, dicevo, che
ritengo alimentino certi raccapriccianti spettacoli.
Inutile mentire. Sono
raccapriccianti e abominevoli, ma affascinanti, altrimenti non si spiega come
mai indugiamo a vederne le immagini dozzine di volte.E a parlarne e
straparlarne fino alla noia.
Ma come per ogni cosa, c’è un
limite.
Limite prodotto dalla cosa
stessa che in origine pareva potesse crescere sconfinatamente.
I fuochi di cui il titolo di
queso post, sono fatui pure loro.
Petrolio e derivati, in una
frazione piccolissima se un millesimo è una piccolezza della storia umana, ci
hanno portato ad un cambiamento enorme.
O meglio alle condizioni per cui un cambiamento enorme è ormai inevitabile.
E’ nell’aria, letteralmente
parlando.
Anche qui una frazione ci
aiuta a capire.Volendo.
Un duemilacinquecentesimo.Rispetto
ad un tremilasettecentesimo, circa, dell’aria che necessariamente respiriamo, in meno di un quinto di millennio è diventato una sorta d'invisibile soffocante nebbia.
Un fiato per noi esausto.Inebriante e nutritivo per un vegetale, se gli permetti di crescere,ovviamente, non se lo abbatti per fare un lastricato.
E’ giunto un limite.Ho
sottinteso tante cose, e chi non avesse inteso può e deve chiedermi spiegazioni.
Forse ho scialato petrolio e
derivati invano, nel tentativo di bagnare le polveri che danno origine a quei
fuochi sostanzialmente orrendi.
Preferisco accendere una
piccola candela votiva, ogni tanto, per ricordarmi che
una lucciola estiva brilla
quanto una galassia, nel custodire il segreto della sua piccola luce.
*Petrolio e derivati,
derivati nel duplice senso del petrolio e finanziari.
Marco Sclarandis
Sunday, November 22, 2015
Le equazioni del mio amico
Così quel giorno quel mio
amico
anzi fu una di quelle sere
amico forse non ancora
ma ci sarebbe diventato
all’istituto del recupero
del tempo abbandonato per gli
studi
cominciò a spiegarmi quella
cosa
in ogni vario dove intrufolata
più che le ortiche più delle
formiche
delle situazioni da orticaria
delle lumache dentro gli orti
dopo che sia piovuto
quella cosa che ha a che fare
con l’ingrasso delle oche del
maiale
purchè venga loro dato da
mangiare
una cosa semplice ovvia
lineare
come sommare due più due
apparentemente
ma parente stretta del cadere
delle pietre
ingannevole come quel fatto
singolare
che lo stesso risultato
arriva
che si sommi moltliplichi od
elevi
una doppiezza a una doppiezza
e simile ma contrario per l’inverso
alla fine solo un calcolo
differente da quelli della
spesa
quello differenziale
è mio amico Antonio e da
decenni
per ora non ancora sono due
ma fra tre di anni se la
sorte
che sposta sassi e nubi a suo
piacere
su differenziali traiettorie
con fare indifferente
so che lo sarà di più ancora.
Thursday, November 19, 2015
Dei diritti e delle penurie
Una delle dichiarazioni più solenni della Storia è quella promulgata a Parigi nel 1948, il 10 Dicembre.
Per non appesantire questo post invito chi ne abbia voglia a cercarla in rete.
Per chi non dispone di una connessione, se mi ha letto fino qua vuol dire che almeno, di una connessione,
è riuscito a usufruirne e quindi basta insistere e ottenerne un'altra a tale scopo.
Proprio il diritto alla connessione al web ( voglio essere pedante, il web è la rete mondiale di computer, adesso d'ogni genere, creata all'inizio per rendere più efficace la difesa da un attacco termonucleare ) è uno di quelli che potrebbe essere aggiunto
alla lista di quella solennne dichiarazione.
Azione ed opera nobilissima quella sfociata in quel dettato parigino.
E potrei dire parecchie cose, opinioni più che altro, sugli effetti che ne sono seguiti in questi decenni.
Quello che m'interessa dire, sempre parole opinabili, è che occorrerebbe una altrettanto solenne dichiarazione
ma dei doveri dell'Uomo.
Mica per amore della simmetria, che sappiamo è molto apprezzata dalle donne. Almeno in certi ambiti.
Ma proprio per interesse verso la ghirba, parola dalle fanciullesce assonanze, birba per esempio,
che nel motto "salvarsi la ghirba" ovvero "salvarsi la pelle" significa vita.
La ghirba è infatti l'otre di pelle per trasportare l'acqua nel deserto, nella specie quello sahariano.
Sarò conciso.
Per godere di un diritto, in genere bisogna assolvere un dovere.
Questa volta la simmetria diventa frequentemente obbligatoria, mica per caso.
Per ragioni enigmatiche ma ineludibili, possiamo vedere l'Universo intero come un grandioso cerimoniale
dove agiscono doveri e diritti con delle coreografie strabilianti.
E con una Regina, la Penuria, che in realtà ama pure mostrare la affascinante corporeità nuda, l'abbondanza.
Ma c'è da aspettarselo non sovente, non con tutti, non come ci piacerebbe che avvenisse.
Prosaicamente, il diritto a non patire la sete si ottiene adoperando l'acqua con giudizio.
Quello a non patire la fame procurandosi il cibo alla stessa maniera.
Quello alla salute, tenendo a bada le fonti di malattie, pratica che con le fonti d'acqua ha strettissima attinenza.
E poi, si potrebbero elencare decine di diritti dai più dritti a quelli più contorti, ma accettabili.
C'è un lavoro immenso che dovremmo e in fondo vorremmo anche fare a proposito.
E avrebbe diritto ad uno stipendio
Anche minimo, dovremmo ricordarcelo.
Altrimenti perderemo il diritto a lamentarci.
Addendum post commentum (se si può dire così ).
I diritti o si conquistano o si acquisiscono, conquistarli è già un'azione di natura bellica, dispiace ammetterlo ma è così.
Se si acquisiscono, di solito è una faccenda meritoria, e dispiace ugualmente dirlo, non tutti gradiscono il merito, sopratutto quello autentico ed altrui.
Se si acquistano molte cose s'aggiustano come al mercato.
Ma, è inutile negarlo, al mercato vige sovente la cagnarra, la frode, il raggiro, cui seguono le zuffe e le botte.
Urbi et orbi.
I Romani, quelli antichi, con il diritto erano giunti ad eccellente compromesso.Vìolalo e ti metto in croce.
Non solo metaforicamente. Rispettalo e magari da schiavo diventi anche Imperatore.
Disgraziatamente, tutto ciò, non s'è rivelato essere imperituro.
I Rumeni, contemporanei, forse, nelle foreste della Transilvania stanno meditando qualche Diritto
che funzioni meglio di quelli già sperimentati.Magari lo stanno cesellando in ciclopiche lastre di rame.
Bisognerebbe dir loro che anche l'alluminio anodizzato andrebbe bene.
E potremmo anche regalarglielo che di lattine vuote buttate a casaccio se trovano anche troppe.
Marco Sclarandis
Per non appesantire questo post invito chi ne abbia voglia a cercarla in rete.
Per chi non dispone di una connessione, se mi ha letto fino qua vuol dire che almeno, di una connessione,
è riuscito a usufruirne e quindi basta insistere e ottenerne un'altra a tale scopo.
Proprio il diritto alla connessione al web ( voglio essere pedante, il web è la rete mondiale di computer, adesso d'ogni genere, creata all'inizio per rendere più efficace la difesa da un attacco termonucleare ) è uno di quelli che potrebbe essere aggiunto
alla lista di quella solennne dichiarazione.
Azione ed opera nobilissima quella sfociata in quel dettato parigino.
E potrei dire parecchie cose, opinioni più che altro, sugli effetti che ne sono seguiti in questi decenni.
Quello che m'interessa dire, sempre parole opinabili, è che occorrerebbe una altrettanto solenne dichiarazione
ma dei doveri dell'Uomo.
Mica per amore della simmetria, che sappiamo è molto apprezzata dalle donne. Almeno in certi ambiti.
Ma proprio per interesse verso la ghirba, parola dalle fanciullesce assonanze, birba per esempio,
che nel motto "salvarsi la ghirba" ovvero "salvarsi la pelle" significa vita.
La ghirba è infatti l'otre di pelle per trasportare l'acqua nel deserto, nella specie quello sahariano.
Sarò conciso.
Per godere di un diritto, in genere bisogna assolvere un dovere.
Questa volta la simmetria diventa frequentemente obbligatoria, mica per caso.
Per ragioni enigmatiche ma ineludibili, possiamo vedere l'Universo intero come un grandioso cerimoniale
dove agiscono doveri e diritti con delle coreografie strabilianti.
E con una Regina, la Penuria, che in realtà ama pure mostrare la affascinante corporeità nuda, l'abbondanza.
Ma c'è da aspettarselo non sovente, non con tutti, non come ci piacerebbe che avvenisse.
Prosaicamente, il diritto a non patire la sete si ottiene adoperando l'acqua con giudizio.
Quello a non patire la fame procurandosi il cibo alla stessa maniera.
Quello alla salute, tenendo a bada le fonti di malattie, pratica che con le fonti d'acqua ha strettissima attinenza.
E poi, si potrebbero elencare decine di diritti dai più dritti a quelli più contorti, ma accettabili.
C'è un lavoro immenso che dovremmo e in fondo vorremmo anche fare a proposito.
E avrebbe diritto ad uno stipendio
Anche minimo, dovremmo ricordarcelo.
Altrimenti perderemo il diritto a lamentarci.
Addendum post commentum (se si può dire così ).
I diritti o si conquistano o si acquisiscono, conquistarli è già un'azione di natura bellica, dispiace ammetterlo ma è così.
Se si acquisiscono, di solito è una faccenda meritoria, e dispiace ugualmente dirlo, non tutti gradiscono il merito, sopratutto quello autentico ed altrui.
Se si acquistano molte cose s'aggiustano come al mercato.
Ma, è inutile negarlo, al mercato vige sovente la cagnarra, la frode, il raggiro, cui seguono le zuffe e le botte.
Urbi et orbi.
I Romani, quelli antichi, con il diritto erano giunti ad eccellente compromesso.Vìolalo e ti metto in croce.
Non solo metaforicamente. Rispettalo e magari da schiavo diventi anche Imperatore.
Disgraziatamente, tutto ciò, non s'è rivelato essere imperituro.
I Rumeni, contemporanei, forse, nelle foreste della Transilvania stanno meditando qualche Diritto
che funzioni meglio di quelli già sperimentati.Magari lo stanno cesellando in ciclopiche lastre di rame.
Bisognerebbe dir loro che anche l'alluminio anodizzato andrebbe bene.
E potremmo anche regalarglielo che di lattine vuote buttate a casaccio se trovano anche troppe.
Marco Sclarandis
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