Tuesday, February 25, 2014

Oste, abbiamo un problema.

Se invitassimo il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana a leggere questo articolo credete che impiegherebbe venti minuti del suo ormai preziosissimo tempo per farlo?

E poi magari impiegare qualche ora di riflessione per decidere se non sia il caso di trarne le inevitabili implicazioni? Almeno per il nostro Paese.

Sarebbe troppo giovane o non abbastanza anziano per osare e dichiarare che:

"Oste, abbiamo un problema"

("Il vino comincia ad essere annacquato e il pane ha un retrogusto di segatura")


Da Effetto Risorse, post attuale di Ugo Bardi.Traduzione di Massimiliano Rupalti

Un ex geologo della British Petroleum ha avvertito che l'era del petrolio a buon mercato è finita da un pezzo, portando con la sua partenza il pericolo di “recessione continua” e di aumento del rischio di conflitto e fame. In una lezione su “rischi geologici” all'inizio di questo mese, come parte del post-dottorato corso sui Rischi Naturali per Assicuratori al Collegio Universitario di Londra, il dottor Richard G. Miller, che ha lavorato per la BP dal 1985 prima di andare in pensione nel 2008, ha detto che la data ufficiale di Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA) , Amministrazione dell'Informazione sull'Energia degli Stati Uniti (EIA) e Fondo Monetario Internazionale (FMI), fra le altre fonti, ha mostrato che il petrolio convenzionale aveva molto probabilmente raggiunto il picco intorno al 2008. Il dottor Miller ha criticato la linea ufficiale dell'industria secondo la quale le riserve dureranno 53 anni al tasso attuale di consumo, sottolineando che “il picco è il risultato dei tassi di produzione in declino, non del declino delle riserve”. Nonostante nuove scoperte e un'aumentata dipendenza da petrolio e gas non convenzionale, 37 paesi sono già postpicco e la produzione globale di petrolio sta declinando di circa il 4,1% all'anno, o 3,5 milioni di barili al giorno (Mb/g) all'anno:

“Ci serve una nuova produzione pari ad una nuova Arabia Saudita ogni 3-4 anni per mantenere e aumentare la fornitura... Le nuove scoperte non hanno compensato il consumo dal 1986. Stiamo attingendo dalle nostre riserve, anche se le riserve stanno apparentemente aumentando ogni anno. Le riserve stanno aumentando grazie a migliori tecnologie nei pozzi petroliferi, aumentandone la quantità che possiamo recuperare – ma la produzione sta ancora diminuendo del 4,1% all'anno”.

Il dottor Miller, che ha preparato le proiezioni annuali interne di fornitura di petrolio della BP dal 2000 al 2007, si riferisce a questo come al “problema del bancomat” - “più soldi, ma prelievi quotidiani ancora limitati”. Di conseguenza, “la produzione di petrolio liquido convenzionale è stata piatta dal 2008. La crescita nella fornitura di liquidi da allora è stata in grandissima parte di liquidi del gas naturale [LGN] – etano, propano, butano, pentano – e di sabbie bituminose”.

Il dottor Miller è coeditore di una edizione speciale della prestigiosa rivista Transazioni Filosofiche della Società Reale A, che questo mese ha pubblicato sul futuro della fornitura di petrolio. In un saggio introduttivo scritto insieme al dottor Steve R. Sorrel, co-direttore del Sussex Energy Group all'Università del Sussex di Brighton, sostengono che fra gli esperti dell'industria “c'è un consenso crescente sul fatto che l'era del petrolio facile sia passata e che stiamo entrando in una fase molto diversa”. I due autori sostengono la conclusione prudente di un esteso studio precedente da parte del Centro per la Ricerca Energetica del Regno Unito finanziato dal governo:

“... un declino sostenuto nella produzione globale convenzionale appare probabile prima del 2030 e qui c'è un rischio significativo che questo abbia inizio prima del 2020... coi dati attuali, l'inclusione delle risorse di tight oil [petrolio di scisto] sembra improbabile che condizioni significativamente questa conclusione, in parte perché la risorsa di base appare relativamente modesta”. 

Infatti, la sempre maggiore dipendenza dallo scisto potrebbe peggiorare i tassi di declino sul lungo termine:
“Una maggiore dipendenza dalle risorse di tight oil prodotte usando la fratturazione idraulica (fracking) peggiorerà qualsiasi tendenza crescente nei tassi di declino medio globale, visto che quei pozzi non hanno plateau e declinano in modo estremamente veloce – per esempio, del 90% o più nei primi 5 anni”.

Le sabbie bituminose viaggeranno sullo stesso binario, concludono, notando che “le sabbie bituminose canadesi consegneranno solo 5 Mb/g nel 2030, che rappresenta meno del 6% della proiezione della IEA della produzione di tutti i liquidi per quella data”. Nonostante le proiezioni caute, il picco del petrolio “prima del 2020”, sottolineano anche che:

“La produzione di petrolio greggio è cresciuta di circa l'1,5% all'anno fra il 1995 ed il 2005, ma poi ha mantenuto un plateau, con aumenti più recenti nella fornitura di liquidi in gran parte derivati dai Liquidi del Gas Naturale, dalle sabbie bituminose e dal petrolio di scisto. Si prevede che queste tendenze continuino... La produzione di petrolio greggio è fortemente concentrata in pochi paesi e in pochi enormi giacimenti, con approssimativamente 100 giacimenti che producono la metà della fornitura globale, 25 che ne producono un quarto ed un singolo giacimento (Ghawar in Arabia Saudita) che ne produce circa il 7%. Gran parte di questi giacimenti giganti sono relativamente vecchi, molti hanno superato da un pezzo il loro picco di produzione, gran parte del resto sembra probabile che entrino in declino entro il prossimo decennio, più o meno, e ci si aspetta di trovare pochi nuovi giacimenti giganti”. 

“Il picco finale sarà deciso dai prezzi – quanto possiamo permetterci di pagare?” mi ha detto il dottor Miller in un'intervista sul suo lavoro. “Se ci possiamo permettere di pagare 150 dollari al barile, potremmo certamente produrre di più, a parte alcuni anni per l'attivazione di nuovi sviluppi, ma distruggerebbe comunque le economie”. Miller sostiene che per tutti gli intenti e gli scopi, il picco del petrolio è arrivato in quanto le condizioni sono tali che nonostante la volatilità, i prezzi non possono più tornare ai livelli di prima del 2004:

“Il prezzo del petrolio è salito quasi di continuo dal 2004 ad oggi, partendo da 30 dollari. C'è stato un grande picco a 150 dollari e poi un collasso nel 2008/2009, ma da allora è risalito a 110 dollari e si è mantenuto lì. L'aumento del prezzo ha portato molte nuove esplorazioni e sviluppo, ma questi nuovi giacimenti non hanno di fatto aumentato la produzione di molto, a causa del declino degli altri giacimenti. Questo è compatibile con l'idea che siamo oggi praticamente al picco. Questa recessione è il modo in cui si manifesta il picco”. 

Anche se taglia corto sulla capacità del petrolio e del gas di scisto di evitare un picco ed un successivo lungo declino della produzione globale di petrolio, Miller riconosce che c'è ancora qualche margine che potrebbe portare dividendi significativi, se temporanei, per la crescita economica degli Stati Uniti – anche se solo come “un fenomeno dalla vita relativamente breve”:

“Siamo come una gabbia di topi da laboratorio che ha mangiato tutti i fiocchi di mais ed ha scoperto che si può mangiare anche la scatola. Sì, possiamo, ma... Il tight oil potrebbe raggiungere 5 o anche 6 Mb/g negli Stati Uniti, il che aiuterà enormemente l'economia statunitense, insieme al gas di scisto. Le risorse di scisto, comunque, sono inappropriate per paesi più densamente popolati come il Regno Unito, perché l'industrializzazione della campagna colpisce molta più gente (con molto meno accesso a spazio naturale alternativo) e i benefici economici sono diffusi in modo più fine fra più persone. La produzione di tight oil negli Stati Uniti è probabile che raggiunga il picco prima del 2020. Non ci sarà assolutamente sufficiente produzione di tight oil per rimpiazzare gli attuali 9 Mb/g di importazioni degli Stati Uniti”.

A sua volta, prolungando la recessione economica globale, gli alti prezzi del petrolio potrebbero ridurre la domanda. Il picco della domanda a sua volta potrebbe mantenere un plateau produttivo più a lungo:

“Probabilmente ci troviamo nel picco del petrolio già oggi, o perlomeno lì vicono. La produzione potrebbe aumentare un po' ancora per qualche anno, ma non abbastanza da far scendere i prezzi; in alternativa, la recessione continua in gran parte del mondo potrebbe mantenere la domanda essenzialmente piatta per anni al prezzo di 110 dollari al barile che abbiamo oggi. Ma non possiamo aumentare la fornitura ai tassi medi del passato di circa l'1,5% all'anno ai prezzi di oggi”. 

La dipendenza fondamentale della crescita economica globale dalle forniture di petrolio a buon mercato suggerisce che mentre procediamo nell'era del petrolio e del gas costosi, senza sforzi appropriati per mitigare gli impatti e transitare ad un nuovo sistema energetico, il mondo affronta un futuro di turbolenza economica e geopolitica:

"Negli Stati Uniti, gli alti prezzi del petrolio sono collegati alla recessione”, anche se non tutte le recessioni sono collegate ai prezzi del petrolio. Questo non prova la causalità. Ma è altamente probabile che quando gli Stati Uniti pagano più del 4% del proprio PIL per il petrolio, o più del 10% del PIL per l'energia primaria, l'economia declina, in quanto il denaro viene risucchiato dall'acquisto di carburante anziché di altri beni e servizi... Una scarsità di petrolio colpirà tutto nell'economia. Mi aspetto più carestia, più siccità, più guerre per le risorse ed un'inflazione stabile del costo energetico dei beni”. 

Secondo un altro studio sull'edizione speciale della rivista della Royal Society del professor David J. Murphy dell'Università dell'Illinois del Nord, un esperto del ruolo dell'energia nella crescita economica, il ritorno energetico sull'investimento (EROEI) per la produzione globale di petrolio e gas – la quantità di energia prodotta in confronto alla quantità di energia investita per ottenere, consegnare ed usare quell'energia – è approssimativamente di 15 ed in declino. Per gli Stati Uniti, l'EROEI della produzione di petrolio e gas è di 11 e in declino. E per il petrolio non convenzionale e i biocombustibili è di gran lunga inferiore a 10. Il problema è che mentre l'EROEI diminuisce, i prezzi dell'energia aumentano. Così, Murphy conclude:

“... il prezzo minimo del petrolio necessario per aumentare la fornitura di petrolio sul breve termine è a livelli coerenti coi livelli che hanno indotto recessioni economiche in passato. Da questi punti, concludo che, mentre l'EROEI del barile medio di petrolio declina, la crescita economica a lungo termine diventerà più difficile da ottenere e viene ad un costo finanziario, energetico ed ambientale sempre più alto”.

L'attuale EROEI negli Stati Uniti, ha detto Miller, semplicemente “non è sufficiente per sostenere l'infrastruttura statunitense, anche se l'America fosse autosufficiente, senza aumentare la produzione anche oltre l'attuale consumo”. Nella loro introduzione alla collezione di saggi nella rivista della Royal Society, Miller e Sorrel indicano che “gran parte degli autori” dell'edizione speciale “accettano che le risorse di petrolio convenzionale sono in uno stadio avanzato di esaurimento e che i combustibili liquidi diventeranno più costosi e sempre più scarsi”. La rivoluzione dello scisto può fornire solo “un sollievo a breve termine”, ma è “improbabile che faccia una differenza significativa sul lungo termine”. Chiedono una “risposta coordinata” a questa sfida per mitigare l'impatto, compresi “cambiamenti lungimiranti nel sistema globale di trasporti”.

Mentre “le soluzioni amiche del clima al 'picco del petrolio' sono disponibili”, avvertono, queste non saranno né “facili” né “veloci” ed implicano un modello di sviluppo economico che accetti livelli più bassi di consumo e mobilità. Nella sua intervista con me, Richard Miller è stato particolarmente critico con le politiche del governo del regno Unito, compreso l'abbandono dei progetti su larga scala di eolico, la riduzione delle tariffe incentivanti per l'energia rinnovabile e il sostegno al gas di scisto. “Il governo farà qualsiasi cosa per tenere in movimento l'economia a breve termine”, ha detto, “ma le conseguenza saranno che il Regno Unito viene legato in modo più stretto ad un futuro basato sul petrolio, e pagheremo caro per questo”.

Marco Sclarandis

Wednesday, February 19, 2014

Matteo Renzi contro i poteri forti



Nel filmato che segue, vedete Matteo Renzi (con il vestito nero) che usa il suo tremendo potere del "Chi" per eliminare i suoi avversari del PD: Bersani, Cuperlo, Civati, Letta, ecc....





E qui vedete lo stesso Matteo Renzi (sempre vestito di nero) quando si scontrerà con i poteri forti internazionali.






(dal blog "Effetto Cassandra")

Monday, February 17, 2014

Tutta colpa delle pale eoliche


.... e c'è chi dice che fanno venire anche il cancro!!!


(da "Repubblica")

Saturday, February 15, 2014

Il Medio Evo all'Aeroporto di Bologna




Immaginatevi di rientrare da un lungo viaggio intercontinentale. Come sempre succede in queste cose, ci sono tanti  piccoli inconvenienti inevitabili; ritardi, cambiamenti di volo, tempi lunghi, eccetera. Ma c'è un fatto che comincia a diventare una costante: quando arrivi in Italia, gli inconvenienti si moltiplicano e diventano più grandi. E' una specie di medioevo istantaneo che ti aggredisce ogni volta.

Per l'aereo che viaggia da Francoforte a Firenze, i problemi si manifestano inizialmente con la necessità di atterrare a Bologna per via del forte vento a Firenze. E fin qui, poco danno. Il problema è che quando arriviamo, ci accorgiamo che i servizi dell'aeroporto di Bologna sono andati completamente in tilt per un solo aereo imprevisto in più - e non mi dite che non succede mai!

Così, lasciano una cinquantina di passeggeri ad aspettare le loro valigie in uno stanzone enorme e vuoto. Nessuno ci dice niente. Dopo un po', qualcuno comincia a spazientirsi e va a domandare al servizio bagagli smarriti, che è in un altro androne gigantesco un po' più in la. "Dovrebbero arrivare," gli dicono, ma non sanno niente di certo. Passa un tizio vestito di arancione il quale viene tempestato di domande. Non sa una parola di inglese, ma i passeggeri Italiani capiscono che manca la squadra che deve scaricare i bagagli. La stanno cercando. Nel frattempo, i nostri bagagli  sono nel mezzo della pista - meno male che non piove!

Passa mezz'ora, passa un'ora, passa un'ora e mezzo. Specialmente i passeggeri che vengono da molto lontano sono arrabbiati neri. Una signora che arriva da Los Angeles lo è particolarmente: dice che non tornerà mai più in Italia. Fa notare come ci abbiano lasciato li' senza nemmeno un sorso d'acqua. E' vero che ci sono le macchinette che distribuiscono cibo e bevande, ma funzionano solo in Euro, e uno che arriva da un viaggio intercontinentale dovrebbe avere monetine da un euro in tasca? Lo stesso per i carrelli per i bagagli. Per prenderne uno, ci vuole una monetina da un Euro. Possibile che nessuno abbia pensato che uno che arriva da un altro continente non ha le monetine in euro in tasca? E' un assistente che porti i bagagli alle persone anziane? Nessuna traccia.

Passano quasi due ore prima che i bagagli compaiano sul nastro trasportatore. A questo punto, un altoparlante ci avverte che un autobus ci sta aspettando nel parcheggio per portarci alla destinazione originale. Miracolosamente, c'è una signora vestita con un giacchetto giallo che ci aspetta con un cartello con una scritta e una freccia "Firenze". Bene, peccato che la signora non faccia altro che indicarci l'uscita dell'aeroporto. Se le chiedi dove esattamente è questo autobus, non ti sa dire altro che è "nel parcheggio". Ma nel parcheggio dove? Non è che il parcheggio dell'aeroporto di Bologna sia tanto piccolo; consoliamoci che perlomeno non siamo a New York. Uscendo dall'aeroporto ci troviamo nel mezzo del traffico di chi va e chi viene, senza sapere dove andare. Così, l'ultima fase di questa triste odissea è lo sparpagliamento per il parcheggio dei passeggeri a cercare questo mitico autobus che poi alla fine viene trovato e, bene o male, ci porta alla destinazione originale, Firenze.

Ritardo totale: circa 5 ore, ma non è questo il punto. Il punto è la sensazione di essere arrivati in un paese colpito da qualche morbo medievale misterioso, una specie di peste bubbonica che ha sterminato quasi tutti. Lo staff dell'aeroporto di Bologna è talmente ridotto all'osso che sembra il castello di Dracula a mezzogiorno di ferragosto. Ci sono volute due ore per trovare due persone con un carrello che portassero una cinquantina di bagagli per un evento che si verifica di sicuro frequentemente. Per non parlare di qualcuno che desse un minimo di assistenza ai passeggeri lasciati soli e senza informazioni (e che magari sapesse due parole di inglese). Non do la colpa all'aeroporto di Bologna di per se, ma quando leggi che c'è il 35% di giovani disoccupati in Italia, evidentemente c'è qualcosa di profondo che non funziona - proprio dentro il sistema. Forse c'è veramente la peste bubbonica.....





Friday, February 14, 2014

Peggio della Gazzetta di Bagdad al tempo di Saddam



Da Repubblica.


L'Italia esce dalla recessione: il Pil cresce dello 0,1%

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MILANO - L'Italia esce dalla recessione: nel quarto trimestre 2013, il Pil ha segnato un +0,1% rispetto al trimestre precedente. Lo comunica l'Istat, precisando che, secondo le prime stime, su base annuale il prodotto interno lordo è invece diminuito dello 0,8%. Nel computo complessivo dei 12 mesi, l'economia italiana si è contratta dell'1,9% contro il -2,5% registrato per l'intero 2012. Confermate, dunque, le stime di Bankitalia, mentre il governo nel Def si attendeva un calo dell'1,7% e l'Istat aveva previsto una diminuzione dell'1,8%.

Tuesday, February 4, 2014

L’avvocato del nucleo



Se tu fossi vero mago
Sire tu sapresti trarre
da questi cinque semi
forza di dieci schiavi
lungo un intero secolo
uno solo dei tuoi carrubi
ti farebbe imperatore
non solo di questo mondo
ma anche di tutti quelli
che neanche riusciresti
a trovare in mille notti
tutte consumate in sogno.

Che cosa hanno a che fare le centrali nucleari con i semi del carrubo?
Vediamo.
Da secoli i semi di questa pianta sono stati usati come misura per l’oro e le pietre preziose, da questi deriva il carato, che corrisponde a circa un quinto di grammo.
Ma è solo da un secolo che sappiamo che il peso di cinque semi di carrubo
corrisponde ad una quantità d’energia enorme.
In termini comprensibili  anche alla casalinga di Voghera, un grammo di questi semi corrisponde a venticinque milioni di chilowattora.
Una casalinga molto longeva, quindi, se sapesse come convertire quotidianamente in energia, frammento dopo frammento quei cinque semi,
ne avrebbe per tutta la vita e abbondantemente.
Non c’è niente di speciale nel carrubo, e nemmeno nei semi di qualsiasi pianta.
Semplicemente, cinque grammi pesati sulla Terra di roba qualsiasi, anche la più fetida e ripugnante, trasmutati completamente in energia portano a quell’immensa quantità.
Che le cose stiano così, ne abbiamo la dimostrazione quotidiana al sorgere del Sole, e ne abbiamo avuta una dimostrazione tremenda e spettacolare per la prima volta sulla Terra all’alba del sedici luglio 1945 in una località desertica che per una singolare coincidenza si chiama Jornada del Muerto.
Dove nel poligono militare di Alamogordo in New Mexico
la validità della famosa formula E = mc 2 ideata da Albert Einstein ebbe una dimostrazione, diciamo così, folgorante.
Meno appariscente ma che folgorò la mente di Lise Meitner fu l’esperimento che la convinse che sul serio la materia bruta si prestava a subire quella stupefacente trasformazione.
Da allora abbiamo fatto esplodere centinaia e centinaia di ordigni nucleari e fatto funzionare dozzine di dozzine di centrali nelle quali i nuclei degli atomi si sono disintegrati a nostro temporaneo vantaggio.
Non tutto è filato liscio, evidentemente.
Se fosse così, invece di qualche centinaia di centrali nucleari ne avremmo decine di migliaia, e non staremmo ancora a scavare voragini dappertutto, a trivellare pozzi dovunque per cavarne minerali d’ogni genere.
Ricicleremmo tutto, perché l’energia nucleare sarebbe sostanzialmente inesauribile.
La Natura è sottile, ma non maliziosa, sembra abbia detto Albert Einstein
ma noi umani sembra che siamo al contrario grossolani e infingardi.
Dev’essere per questo motivo che nonostante l’energia del nucleo atomico
stiamo rendendo la Terra una nauseabonda pattumiera.
Incolpare l’Idrogeno il Torio o l’Uranio di non avere esaudito i nostri più sfrenati desideri, non serve a nulla.
Anzi, il solo fatto che siamo riusciti finora ad estrarne solo un millesimo della loro intrinseca potenziale energia, ci ha impedito di precipitare nell’abisso dell’autodistruzione.
Allora, dev’essere che non è energia illimitata quello che ci serve.
Ma una continua inesauribile conoscenza di come ogni cosa esiste in virtù di qualche limite.
Anche gli atomi, nel loro piccolo sembra che lo sappiano.
Altrimenti se ne starebbero immobili, per sempre sazi dei loro nuclei.

Marco Sclarandis


Friday, January 31, 2014

A proposito di credenze tribali


Un gruppo di picchisti a un loro convegno


Che uno sciachimista dica che i picchisti sono una tribù chiusa è veramente il massimo!

Anonimo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Il dibattito sul clima. Cosa abbiamo sbagliato e c...":

Lo sa Dr. Bardi che frequentemente anche i pikkisti sono visti come una tribù chiusa?
Che nonostante le mie competenze scientifiche non proprio comuni, non ero affatto certo dell'origine antropica della CO2 prima di aver letto una sua spiegazione qualche anno fa?
Che quando in alta montagna vedo le scie degli aerei tramare il cielo a rete molto molto fitta (fuori dai corridoi aerei), almeno un dubbio sul fatto che siano casuali mi passa per la testa? Le ha mai viste, di persona intendo?