Oggi,il 30 settembre, numerosi enti e associazioni culturali e spirituali
iraniani e stranieri commemorano l’anniversaio della nascita del
celebre filosofo e poeta mistico persiano Maulana Jalaluddin Balkhi
conosciuto come Rumi nella città di Konya.
Circa ottocento anni fa, a Balkh, una città nel nord est del
Regno di Persia, nasceva un bambino molto speciale, destinato a
diventare famoso col nome di Rumi.
Suo padre, Bahâ Valad, era un rinomato studioso e un mistico sufi, ai
cui sermoni si dice assistesse addirittura il re di Persia.
Quando
Rumi era ancora un ragazzino, la sua famiglia si trasferì più a ovest e
dopo aver vagato per parecchi anni di città in città, si fermò a Konyam,
nell'attuale Turchia, dove Bahâ Valad fu così bene accolto, che i
regnanti del tempo costruirono addirittura una scuola per lui. Bahâ
Valad morì nel 1231 e Rumi, che allora aveva 24 anni, decise di
proseguire l'operato del padre, approfondì gli studi di filosofia,
letteratura, storia, legge islamica e altre materie e si affermò come
uno stimato insegnante di religione.
Verso la fine di novembre del
1244 Rumi incontrò un derviscio errante: Shams Tabrizi, letteralmente
«il sole di Tabriz» (città del Nord Est della Persia, ndt), ormai
sessantenne e che aveva dedicato tutta la sua vita alla pratica degli
insegnamenti sufi. Questo incontro e le successive conversazioni con
Shams provocarono una profonda trasformazione in Rumi che divenne un
mistico e un poeta dell'amore. Negli anni seguenti, Rumi ridusse il suo
interesse per lo studio e cominciò a dedicare gran parte del suo tempo
alla poesia, sviluppando la pratica del samâ, dove meditazione, musica,
canto e danza sufi si fondono insieme costituendo una tradizione che
conta ancor oggi migliai di discepoli in tutto il mondo.
Rumi, uomo
di profonda cultura e grande amore, era un vulcano addormentato pronto a
eruttare e Shams aveva semplicemente rimosso il tappo di roccia
permettendo al flusso potente della visione spirituale e dell'amore per
il mondo di Rumi di esprimersi. Rumi non fu mai un poeta professionista,
perché traeva la sua sussistenza dalla scuola religiosa, ma fu comunque
un poeta molto prolifico e appassionato, producendo due capolavori
della poesia persiana: Diwân Shams Tabrizi, «il libro di poesia di Shams
Tabrizi», in onore del suo maestro spirituale, composto di 44 mila
versi di poesia lirica, e Masnawi Ma'nawi, «distici in rima su temi
spirituali», composto di circa 26 mila versi.
Mentre il Diwân è
ricco di poesie emotive e infuocate, il Masnawi è un libro di poesia
didattica che insegna la saggezza dell'amore o, nelle parole con cui lo
stesso Rumi apre il poema: «le radici delle radici delle radici di tutte
le religioni». A differenza di molti poeti che sono soliti correggere e
perfezionare più volte le proprie poesie, Rumi le scriveva di getto e
le recitava ai propri discepoli in uno stato di estasi e contemplazione,
mentre ascoltava musica, danzava o nel bel mezzo di una conversazione. I
suoi poemi sono dunque ricchi di immagini spontanee presentate in un
linguaggio visuale fresco e bellissimo, marchio non solo di un abile
poeta, ma anche di un maestro mistico.
Per secoli gli iraniani lo
hanno chiamato Moulâna: semplicemente «maestro». Il poeta dell'amore
L'amore - ishq in arabo, persiano, turco e hindi - è il filo comune che
attraversa tutte le poesie di Rumi, direttamente o per implicazione.
Tuttavia, come sottolinea giustamente Coleman Barks, l'amore di Rumi non
è del tipo «lei mi ha lasciato, lui mi ha lasciato, lei è tornata...».
L'amore di cui parla Rumi ha le sue radici nella realizzazione
dell'amore divino e nelle sue propagazioni nel mondo e nella vita umana.
Per Rumi, l'amore è di due categorie: l'amore supremo che è Dio, la
verità, il nostro amore per Dio, e l'amore derivato che è il riflesso in
noi dell'amore divino, l'amore verso la creazione, quindi l'amore verso
il partner, i figli, le creature viventi, l'intero cosmo.
Rumi
lascia intenzionalmente nell'ambiguità i confini tra queste due
dimensioni dell'amore poiché crede che se davvero una persona sente
amore, compassione e tenerezza verso un altro essere vivente, questo non
è altro che un riflesso dell'amore divino e una guida alla
realizzazione della presenza di Dio. Per spiegare questo, i sufi
utilizzano una arabola: l'amore e la presenza di Dio sono come il sole,
troppo potente per essere guardato direttamente, ma di cui possiamo
godere il riflesso sulle acque di un lago.
In una sua nota poesia, Rumi dice:
Nel regno del Non-visibile
esiste un legno di sandalo
che brucia.
Questo amore è il fumo
di quell'incenso.
Questa poesia tocca in modo elegante un problema importante nella
nostra relazione con Dio. Ci sono molte persone che rifiutano Dio perché
non l'hanno mai visto. Naturalmente uno non può mai vedere Dio, così
come un pesce non vede l'acqua in cui nuota. Rumi porta la nostra
attenzione sui nostri sensi interiori, invitandoci ad «annusare» Dio.
L'incenso, nella tradizione sufi, buddista e hindu è proprio usato per
evocare in noi il senso della presenza divina.
Rumi vede l'amore
come la matrice del cosmo. Uso l'espressione «matrice dell'amore
cosmico» nel moderno senso scientifico. La spiegazione migliore che i
fisici forniscono della forza gravitazionale non è quella di una
semplice attrazione tra due corpi isolati, ma quella di una forza insita
nella stessa trama dell'universo.
Rumi dice:
Se il Cielo non fosse innamorato
il suo seno non sarebbe dolce.
Se il Sole non fosse innamorato
il suo volto non brillerebbe.
Se la Terra e le montagne
non fossero innamorate
nessuna pianta germoglierebbe
dal loro cuore.
Se il Mare non conoscesse l'amore
Se ne starebbe immobile
da qualche parte.
Se il cielo, le montagne, i fiumi e
ogni altra cosa nell'universo fossero
egoisti e avidi come l'uomo e come
lui cercassero di conquistare e accumulare
cose per sé, l'universo non
funzionerebbe. Rumi dice che è grazie
all'amore che nel mondo esistono:
bellezza, luce, movimento e
vita. Il cielo offre la pioggia; l'acqua
e la terra sono amanti senza ego e
sono loro a far crescere le piante...
Rumi ne conclude dunque che il posto naturale per l'uomo è il proprio
cuore e l'amore. I desideri egoistici senza fine e l'avidità sono cose
futili in cui sprechiamo la nostra vita, perché noi siamo mortali e il
mondo non è fermo, ma fluisce.
L'amore è il sentiero di Rumi per
arrivare a Dio. In molte delle sue poesie Rumi si riferisce ai due stati
della mente a cui i maestri sufi credono che l'amore conduca: fanâ,
«estinzione », simile al nirvana dei buddisti, ovvero l'annientamento
dell'ego e l'ebbrezza totale nell'amore divino; bagâ, «presenza», il
dimorare con l'eterno amato.
Rumi manda il seguente messaggio a coloro che vogliono seguire il sentiero dell'amore divino:
Va' e lava tutto l'odio dal tuo cuore
sette volte con l'acqua
Poi potrai essere nostro compagno
e bere il vino dell'amore.
L'amore è l'alchimia della pace. Poco dopo la fine della seconda guerra
mondiale, nel 1945, Albert Einstein osservò che «la guerra è vinta, ma
la pace no». Rumi ha la stessa visione: la violenza non genera una pace
duratura; solo la comprensione, la compassione, la gentilezza e la
condivisione possono farlo e queste sono le qualità dell'amore.
Un ponte fra Est e Ovest
Rumi morì il 17 dicembre 1273, una domenica al tramonto a Konya,
all'età di 66 anni. Al suo funerale parteciparono genti di religioni
diverse e di varia estrazione: musulmani, ebrei, cristiani, poveri,
ricchi, ignoranti e letterati, a porgere l'estremo omaggio e a lamentare
la perdita di questo grande saggio e poeta. La sua tomba a Konya è oggi
un tempio per tutti coloro che amano e cercano la pace e la verità.
La poesia di Rumi può oggi costruire un saldo ponte tra il mondo
islamico e quello occidentale, perché egli parla il linguaggio
dell'amore che aiuta tutti noi ad allontanarci dalla politica dell'odio
per avvicinarci alla divina compassione e comprensione che sono nei
nostri cuori.
Ancora a sette secoli di distanza, le dolci poesie di Rumi restano vive sulle nostre labbra in molte lingue.
Io sono la Luna, dappertutto