L’errore di Giacomo
Fu William Golding, poeta e
scrittore, a suggerire a James Lovelock lo scienziato, il nome Gaia per
definire meglio la sua ipotesi di pianeta Terra quale pianeta intrinsecamente
vivente.
Da allora questo antico nome
greco ha avuto una rinnovata fortuna ed essendo in italiano un aggettivo che al
maschile significa pure lieto, allegro,ed è etimologicamente legato all’inglese
gay, la fama ne ha accompagnato la fortuna.
In cinquant’anni il nome Gaia
è diventato un logo come quelli delle multinazionali.
Chiunque abbia un minimo di
cultura generale, sa che l’ipotesi di James propone una visione molto razionale
del fatto che la Terra sia un pianeta dotato di complessi meccanismi di
omeostasi, i quali lo mantengono per lunghissimi periodi entro certe
condizioni.
Quando la vita comparve sulla
Terra, alcuni miliardi di anni fa, aggiunse nuovi e ancor più complessi
meccanismi di autoregolazione.
La Luna stessa, sappiamo che fa parte di questi meccanismi,
perché
se non ci fosse, la stabilità orbitale
terrestre sarebbe precaria, e di conseguenza anche la meteorologia. E di qui la biologia.
Se qualcuno avesse potuto
osservare quattro miliardi di anni fa, la nostra perla azzurra accompagnata da
quella argentea, nel suo moto astronomico, difficilmente avrebbe potuto credere
che sarebbero accadute sulla sua superficie, tante di quelle cose che noi
chiamiamo Storia e Preistoria.
Con maggiore sorpresa, se
vista di notte, la Terra appare ancora più affascinante.
Innumerevoli ragnatele dai
bagliori fiochi e intensi compaiono man mano che il buio avanza.E da solo poco
più di cent’anni fa.
Chi non sapesse della nostra
esistenza si chiederebbe se una nuova forma vivente non sia misteriosamente
comparsa.
Ma noi, a meno di non credere
in modo letterale ad alcuni testi sacri, siamo qui a scorrazzare in lungo e in
largo da miriadi di generazioni.
Settantamila anni fa, pare,
un grosso foruncolone dalle parti dell’Indonesia, sfogando il suo ardente magma
ci ha quasi portati all’estinzione.
Ora di sfoghi esantematici,
non solo naturali e vulcanici, ce ne sono in quantità è il caso di dirlo,
industriali.Ed è a causa di questi che rischiamo di nuovo di di diventare
fossili, ma senza la speranza di essere riesumati da futuri archeologi e
paleontologi in cerca di gloria.
Ma che male ha fatto William
Golding a suggerire a James Lovelock quel nome?
E ancor peggio James Lovelock
ad usarlo per la sua ipotesi?
L’errore, secondo me, fu
sottile infingardo, ma forse inevitabile.
Tutti noi siamo
inguaribilmente fantasiosi e vediamo esseri viventi dappertutto.
Anche dove a ben guardare,
c’è materia inanimata e seppure movimentata,
inconsapevole della propria
esistenza, sebbene non in modo assoluto.
Per motivi che forse non
riusciremo mai ad indagare del tutto, questo nostro animare e antropomorfizzare
le cose, che siano pietre, nubi, ombre e idee, fa di noi degli esseri viventi
assolutamente imprevedibili e ansiosi di vivere eternamente.
Questo eccesso di fantasia
creativa si sconta poi nel prendere lucciole
per lanterne e nel credere a cose che forse
potrebbero esistere in linea di principio, immaginiamoci delle piante parlanti,
ma di fatto non crescono da nessuna parte e se il loro fruscio ci
comunica qualcosa, complice la brezza, questo non fa di queste creature dei
lignei oratori animati da spirito proprio.
Ora diventa chiaro il
pericolo che ancora stiamo correndo a causa della collaborazione di un poeta e
di uno scienziato, tutt’e due in perfetta buona fede.
Se Gaia viene vista come un
essere vivente, come lo sono funghi, galline, licheni,
balene, amebe e su su fino a noi umani, noi umani appunto, ne siamo
la sua coscienza.
E’ stolto, invocando fumose
teorie e pseudoconoscenze esoteriche, attribuire
una coscienza come quella
umana o anche animale a formazioni geologiche
o a qualsiasi cosa che
possiede la sola caratteristica di esistere e basta.
Non si tratta d’essere atei o
credenti, materialisti o superstiziosi, poeti o scienziati.
E vero che c’è gente che
adora uno che ama definirsi essere un megafono, ma se vedessimo uno prostrarsi di
fronte ad un altoparlante, con i fili staccati oltretutto, non credo che saremmo disposti a credere
che stia davvero rendendo culto ad una qualche divinità.
Purtroppo, siamo in
situazione planetaria dove la confusione regna sempre più sovrana.E ciò mescola
nella mente dei più ingenui, le idee più strampalate.
Non è stata la pietra di
Davide a provocare il buco dell’ozono.O il tridente di Nettuno a sventrare il
fondo marino del golfo del Messico, imbrattando cosi’ l’oceano Atlantico di
petrolio.E’stata una trivella di una ben nota compagnia petrolifera.
Sono state miliardi di
bombolette spray incautamente svuotate per laccare capelli e spruzzare vernici
su delle cianfrusaglie.
Se non fosse stato per le
ingegnose ricerche di un James Lovelock, forse nessuno si sarebbe accorto di
nulla, ma quella strana epidemia di tumori cutanei e cataratte precoci, in
certe zone del pianeta, sarebbe rimasta a lungo misteriosa come una maledizione
egizia.Gaia esiste, e assiste impassibilmente, alle nostre azioni di esseri
dotati di consapevolezza.Non si vendica, funziona a suo modo.
Ormai il dado è tratto, les jeux sont faits rien ne va plus, Gaia tale
rimarrà nella
mente di miliardi di persone.
Come una dea in molte, come una macchina in altre
Ma
noi messi insieme, assieme a tutte le altre creature ne siamo la mente.
Questo
è il pensiero corretto che Giacomo e il suo amico hanno voluto trasmetterci.
Errare
è umano, perseverare, da infelici.
Marco
Sclarandis.