Tuesday, October 29, 2013

L'errore di Giacomo



L’errore di Giacomo

Fu William Golding, poeta e scrittore, a suggerire a James Lovelock lo scienziato, il nome Gaia per definire meglio la sua ipotesi di pianeta Terra quale pianeta intrinsecamente vivente.

Da allora questo antico nome greco ha avuto una rinnovata fortuna ed essendo in italiano un aggettivo che al maschile significa pure lieto, allegro,ed è etimologicamente legato all’inglese gay, la fama ne ha accompagnato la fortuna.
In cinquant’anni il nome Gaia è diventato un logo come quelli delle multinazionali.
Chiunque abbia un minimo di cultura generale, sa che l’ipotesi di James propone una visione molto razionale del fatto che la Terra sia un pianeta dotato di complessi meccanismi di omeostasi, i quali lo mantengono per lunghissimi periodi entro certe condizioni.
Quando la vita comparve sulla Terra, alcuni miliardi di anni fa, aggiunse nuovi e ancor più complessi meccanismi di autoregolazione.
La Luna stessa, sappiamo che fa parte di questi meccanismi, perché 
se non ci fosse, la stabilità orbitale terrestre sarebbe precaria, e di conseguenza anche la meteorologia. E di qui la biologia.
Se qualcuno avesse potuto osservare quattro miliardi di anni fa, la nostra perla azzurra accompagnata da quella argentea, nel suo moto astronomico, difficilmente avrebbe potuto credere che sarebbero accadute sulla sua superficie, tante di quelle cose che noi chiamiamo Storia e Preistoria.
Con maggiore sorpresa, se vista di notte, la Terra appare ancora più affascinante.
Innumerevoli ragnatele dai bagliori fiochi e intensi compaiono man mano che il buio avanza.E da solo poco più di cent’anni fa.
Chi non sapesse della nostra esistenza si chiederebbe se una nuova forma vivente non sia misteriosamente comparsa.

Ma noi, a meno di non credere in modo letterale ad alcuni testi sacri, siamo qui a scorrazzare in lungo e in largo da miriadi di generazioni.
Settantamila anni fa, pare, un grosso foruncolone dalle parti dell’Indonesia, sfogando il suo ardente magma ci ha quasi portati all’estinzione.
Ora di sfoghi esantematici, non solo naturali e vulcanici, ce ne sono in quantità è il caso di dirlo, industriali.Ed è a causa di questi che rischiamo di nuovo di di diventare fossili, ma senza la speranza di essere riesumati da futuri archeologi e paleontologi in cerca di gloria.
Ma che male ha fatto William Golding a suggerire a James Lovelock quel nome?
E ancor peggio James Lovelock ad usarlo per la sua ipotesi?
L’errore, secondo me, fu sottile infingardo, ma forse inevitabile.
Tutti noi siamo inguaribilmente fantasiosi e vediamo esseri viventi dappertutto.
Anche dove a ben guardare, c’è materia inanimata e seppure movimentata,
inconsapevole della propria esistenza, sebbene non in modo assoluto.
Per motivi che forse non riusciremo mai ad indagare del tutto, questo nostro animare e antropomorfizzare le cose, che siano pietre, nubi, ombre e idee, fa di noi degli esseri viventi assolutamente imprevedibili e ansiosi di vivere eternamente.

Questo eccesso di fantasia creativa si sconta poi nel prendere lucciole 
per lanterne e nel credere a cose che forse potrebbero esistere in linea di principio, immaginiamoci delle piante parlanti, ma di fatto non crescono da nessuna parte e se il loro fruscio ci comunica qualcosa, complice la brezza, questo non fa di queste creature dei lignei oratori animati da spirito proprio.
Ora diventa chiaro il pericolo che ancora stiamo correndo a causa della collaborazione di un poeta e di uno scienziato, tutt’e due in perfetta buona fede.
Se Gaia viene vista come un essere vivente, come lo sono funghi, galline, licheni,
balene, amebe e su su  fino a noi umani, noi umani appunto, ne siamo la sua coscienza.
E’ stolto, invocando fumose teorie e pseudoconoscenze esoteriche, attribuire
una coscienza come quella umana o anche animale a formazioni geologiche
o a qualsiasi cosa che possiede la sola caratteristica di esistere e basta.
Non si tratta d’essere atei o credenti, materialisti o superstiziosi, poeti o scienziati.
E vero che c’è gente che adora uno che ama definirsi essere un megafono, ma se vedessimo uno prostrarsi di fronte ad un altoparlante, con i fili staccati oltretutto, non credo che saremmo disposti a credere che stia davvero rendendo culto ad una qualche divinità.

Purtroppo, siamo in situazione planetaria dove la confusione regna sempre più sovrana.E ciò mescola nella mente dei più ingenui, le idee più strampalate.
Non è stata la pietra di Davide a provocare il buco dell’ozono.O il tridente di Nettuno a sventrare il fondo marino del golfo del Messico, imbrattando cosi’ l’oceano Atlantico di petrolio.E’stata una trivella di una ben nota compagnia petrolifera.
Sono state miliardi di bombolette spray incautamente svuotate per laccare capelli e spruzzare vernici su delle cianfrusaglie.
Se non fosse stato per le ingegnose ricerche di un James Lovelock, forse nessuno si sarebbe accorto di nulla, ma quella strana epidemia di tumori cutanei e cataratte precoci, in certe zone del pianeta, sarebbe rimasta a lungo misteriosa come una maledizione egizia.Gaia esiste, e assiste impassibilmente, alle nostre azioni di esseri dotati di consapevolezza.Non si vendica, funziona a suo modo.
Ormai il dado è tratto, les jeux sont faits rien ne va plus, Gaia tale rimarrà nella 
mente di miliardi di persone.

Come una dea in molte, come una macchina in altre
Ma noi messi insieme, assieme a tutte le altre creature ne siamo la mente.
Questo è il pensiero corretto che Giacomo e il suo amico hanno voluto trasmetterci.
Errare è umano, perseverare, da infelici.

Marco Sclarandis.








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