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Sunday, October 23, 2016

Gap Orion, quanto m'ispiri.

Martedì 16 Agosto 2016
Riscaldamento globale: nuovi provvedimenti del governo!
Posted by Ugo Bardi


Per fortuna, il governo sta prendendo provvedimenti: per cominciare, ha eliminato dal palinsesto di RAI-3 il programma Scala Mercalli che era l'unico rimasto a discutere di questi argomenti.

Non siete contenti di avere un governo che si preoccupa così tanto del vostro benessere mentale?

Se però pensate che il governo dovrebbe anche preoccuparsi un po' del vostro benessere fisico, potete firmare una petizione per riaprire il programma di Luca Mercalli

Gaporion 17 agosto 2016 23:54
Con azioni concrete, nello stile di vita quotidiano e in politica. Bisogna tener conto che lo stato di cose vigente si erge a legge, quindi qualunque atto che gli vada realmente contro tende a definirlo fuorilegge, ergo, spessissimo per cambiare lo stato di cose vigenti ci si vede costretti a commettere reati anche se animati da propositi pacifici. Pure gandhi e martin luther king, anche se dichiaratamente pacifici e non violenti commisero parecchi reati per cambiare lo stato di cose vigenti. Quindi lo sciorinare dati in dotti simposi o su interessantissimi blog non cambia una virgola, così come trasmissioni fintissime dove si sponsorizzano, aggratis peraltro, multinazionali tipo toyota o impregilo servono solo a chi le conduce e alle multinazionali che trovano imbianchini mediatici felici di dargli una mano di green washing. Vuoi cambiare lo stato di cose vigenti? Fonda e promuovi comunità basate su altri principi che non siano il consumo e la crescita infinita oppure metti i bastoni fra le ruote in maniera concreta ai padroni del vapore, o meglio ancora tutti e due. Sennò resta a fare domande retoriche con tono spocchioso su interessantissimi quanto inutili blog.

Alessandro Fossati 18 agosto 2016 14:29
@gaporion: "Con azioni concrete, nello stile di vita quotidiano e in politica". Concordo.

Sicuramente io e tanti altri che leggiamo la buona informazione di questo blog. lo facciamo per trovare una nostra via concreta di vivere e convivere, magari contrastare, coi cambiamenti epocali cui assistiamo, non solo per passare il tempo. Informazioni ed azioni possono andare a braccetto.

Non ho mai visto "scala Mercalli" non guardando la tv però il canone lo pago e gradirei che lo si usasse anche x informare i tanti fruitori di problemi epocali come il GW, non solo del circo del momento (le olimpiadi! I mondiali! Expo!) o dell'ultimo fatto truculento di cronaca della sonnacchiosa provincia italiana.

Scala Mercalli non rallenterà certi processi ma sicuramente non li peggiora quindi a che pro chiuderlo? Forse che da sempre i "padroni del vapore" non cercano anche di mantenere il controllo dell'informazione? Così a memoria mi vengono in mente le biografie autocelebrative degli imperatori romani.
Saluti.


Gaporion, dal tuo piccante sermoncino del 17 agosto 2016 23:54, mi pare di capire che questo blog faccia parte proprio della categoria di quelli interessantissimi ma inutili.
E allora perché ci vieni a commentare?
Per renderlo più interessante ma altrettanto inutile?
O più utile anche se magari meno interessante?
O solo per dirci qualcosa che detto tra noi, che questo blog lo si frequenta da tempo, ci ripetiamo proprio per esortarci vicendevolmente all'azione concreta, ognuno a suo modo?

Poi, cita pure la trasmissione secondo te fintissima con il suo nome, "Scala Mercalli".Luca Mercalli, te ne sarà riconoscente.
Come insegnava il Vate: Anche malissimo purché se ne parli.
E se ti prude e ti irrita che sia sponsorizzata dalla Toyota e dalla Impregilo, sai, questo mondo é pieno di zizzania, ma incauto é, chi preso dalla fregola di ottenere immediatamente un mondo perfetto si china immediatamente ad estirparla in mezzo al frumento.
Senza spocchia, specchiati saluti.

Marco Sclarandis

CD Gratis

Dal blog:
http://ugobardi.blogspot.it/2016/08/combustibili-fossili-e-il-dirupo-di.html

CD 20 agosto 2016 17:12.

La vostra visione è del tutto parziale. Vi mostro io la reale visione. Gratis.
Prendiamo qualche paese, con armi nucleari. Pensiamo alla impossibilita di fare guerre come oggi le conosciamo. Pensiamo alla ruggente voglia di restare ai fasti passati IMPOSSIBILI da mantenere e alle teste di cazzo che siedono nella stanza dei bottoni.


CD 21 agosto 2016 11:52.
Basta premere un tasto. The end. L'ipotesi se ci pensi Alessandro non è cosi remota. Basta un giusto governante fuori di melone piu degli altri."si, il premio nobel per la pace di stocazzo
sono molto stanco di tutto cio, probabilmente e' meglio che prema quel bottone ed estinguere la specie piu stupida che abbia solcato le lande del pianeta terra".

Comprendo l'abissale stanchezza di CD 21 agosto 2016 11:52.
Che s'evince anche dalla prosa sgrammaticata, greve e sciatta del suo commento.
Ma, temo che non avremo il privilegio, noi umani, di attuare la settima e definitiva grande estinzione.
Quella sesta è già in corso da tempo e pare che per portarla a dimensioni planetarie occorra molto più impegno di quello già profuso e a iosa.
Onde per cui, mia personale ed infima opinione,vedo serpeggiare in una minoranza ma armata di maggiore ardimento, l'intenzione di rimediare gli errori commessi.
Ché in fondo, sono ben pochi quelli disposti a gettare nella fossa la ghirba, per niente.
Abbiamo il privilegio della parola, che è irriducibile al grugnito,al frinire di cicale, all'equino raglio, al rettiliano sibilo, e nemmeno al gorgheggio degli alati esseri.
Se non ci riesce a credere, basta cercare di spiegare al cane che "le parole sono pietre".
Ma é anche una temibile condanna, proprio perchè con la parola stiamo stati capaci di strizzare l'olio dalle pietre,  di creare lo splendore di mille Soli sulla Terra, facendo di città, cenere con un lampo.Di scoprire i trascendenti rompicapi della materia per apparire simultaneamente inanimata e bruta, vivente e grondante gloria.
Ma appunto, ed é un ulteriore privilegio, sappiamo da sempre che è impossibile dire l'ultima parola.
E che della cenere è impossibile disfarsi e dalla cenere sempre sorge infuocata vita.

Marco Sclarandis

Wednesday, October 19, 2016

Voghera summit

Per non appesantire il post, rimando a ciò che riporta wikipedia sulla Casalinga di Voghera.

Ma appunto questa che ormai é diventata famosa come il celebre Milite, ignoto s'intende,
mi è talmente simpatica che mi sono immaginato di proporre la sua cittadina come prossimo sito di un summit mondiale sullo stato dell'arte dell'umana genìa abitante questa Terra.

Mi é simpatica perchè era una di quelle femmine capaci ancora di fare due conti sul retro d'una busta, ed anche sul sacchetto del pane più volte riutilizzato fino al fatale stropicciamento, e usando pure una mozzicone di matita. E trarne delle conclusioni e conseguenze di portata universale.

Una di queste, che rischiare d'andare a letto senza cena regolarmente non piace quasi a nessuno.
Essendo Voghera una distesa di condomini e villette di limitata estensione, sarebbe idiota invitarvi orde di persone, sia che siano solo giornalisti, scienziati o solo curiosi.

Sarebbe uno scherzo d'orrendo gusto proprio per la Signora.
Invece, visto che ormai l'aracternet* avvolge tutti planetariamente, perché non usarla per simulare la presenza in quel provinciale luogo mantenendo però quella reale della Signora nel suo tinello, ed in questo modo conciliare capre cavoli lupi e pastori, e contadini pure.

Se la Signora accondiscendesse, la kermesse potrebbe durare anche un paio di settimane con un ulteriore proroga, come avviene quando le conversazioni stanno per finire e ci é accorti di aver dimenticato di dire la cosa più importante che avevamo in mente.

Infine, invito a ricuperate a livello planetario, buste incarti sacchetti, purché idonei a tenere memoria di quanto detto d'importante, sopratutto solenni promesse di ravveduta azione futura , ma prossima.
Mi permetto di chiudere con una sigla, un acronimo, che contiene una innocente scurrilità.
ICFC
Insomma che facciamo, cazzo!

*aracternet, crasi (fusione di due parole) fra internet ed aracnide.

Marco Sclarandis.
.

Il titolo é il testo

Da dove nasce internet?
Conosciamo la storia recente, si fa per dire, sono ormai gli anni '60 del DARPA, ma andando indietro di millennio in millennio vediamo
che internet o web come lo si voglia chiamare, esiste perché la mente umana è internet.
E forse non potrebbe essere diversamente.
In realtà, anche i virus nel loro nanoscopico mondo sono internet in nuce.
E internet svela la desolante impossibilità di ottenere la conoscenza totale.In primis teorica e ovviamente, anche pratica.
Kurt Godel, Alan Turing con le loro dimostrazioni inoppugnabili
hanno svelato definitivamente la terrificante e meravigliosa potenza della ricorsività. Terrificante perchè porta direttamente dentro la trascendenza, che implica l'impossibilità di elencare tutti i numeri per esempio, e quindi vanifica qualsiasi dizionario e vocabolario che voglia essere onnicomprensivo.E quindi ancora mina le fondamenta del nostro umano sapere.
Terrificante perché rende impossibile conoscere l'esito di qualsiasi algoritmo, a priori.
Ci sono molte più cose indecidibili di quante non ne immaginino i programmatori.
E le loro macchine da computazione.
Meravigliosa perché comunque le cose esistono, e chiedersi come mai é buono e giusto, ma volerne avere una ragione a tutti i costi é demoniaca idiozia.
Questo sì e questo no squisitamente politico e italiano, è un evento epocale.
Troppi simboli ne sono collegati per essere un evento di secondo o terz'ordine.E troppe coincidenze evidentemente troppo significative, per essere frutto di insignificante casualità.
C'è una tale abbondanza di sincronicità in quello che sta avvenendo in Italia e nel mondo intero
che se Carl Gustav Jung fosse qui con noi, sorriderebbe dietro le lenti tonde e si gusterebbe
lo spettacolo che sta per iniziare.
Vedere quei due, uno uscente dal più alto podio statunitense e l'altro un fuoriuscito da un pertugio toscano e assurto a grande statista non si capisce neanche in virtù di quale bizzarrìa della Storia,
mi hanno fatto sorridere ed inquietare allo stesso tempo.
Forse che gli avi vivono ancora in noi?
Che l'albero genealogico assoluto sia da riesaminare ogni tanto, per capire quali sorprese sono in agguato perchè tese da esseri che invece crediamo defunti e sepolti?.
Quando invece sono vivi vegetissimi e intriganti fors'anche più dei vivi.
Vivi che a quanto pare sovente sono zombi zombienti impossibili da ridestare dal loro morto sonno.

Nato come commento odierno su Effetto Risorse.
Grazie a Luigi Sertorio  e molti altri, per l'ispirazione.

Marco Sclarandis

Monday, October 17, 2016

La proroga


Mettere in conto la morte
non quella che viene
per cartilagini logore
per corrosione di ossa
per esaurimento di palpiti
che anch'essi sono contati per tutti
tranne bizzarre eccezioni
metterla perché esistette Cartagine
Roma imperiale Sagunto
Atene Sparta Persepoli
ed ancora Aleppo resiste
come Detroit come Palmira
perché chiunque ha incontrato
una Gerusalemme Celeste
nel pensiero notturno
sotto una volta di un emisfero
o dell'altro e per essa il pugnale
sguainerebbe o lancerebbe l'ordigno
considerala quotidiana di nuovo
non come peste importata da sorci
ma come agguato perenne
annidato nell'animo che di sciagure
si nutre ed ammalia
mettila in conto tra un attimo
almeno per un momento
e lì che ti guarda dallo specchietto
furtiva dall'iride d'untuosa pozzanghera
ricambiala di sguardo fermo ed attento
se vuoi che ti conceda una proroga
a prenderti venga
una prossima volta.
 
Marco Sclarandis

Saturday, October 1, 2016

Quanta vita vegetale



Quanta vita vegetale
incapsulata in tre chili di borlotti
ogni baccello con due o più gemelli
qualcuno fagiolo nato unico
qualcun'altro nato prematuro
ed anche storpio e morto
mentre li sguscio tutti
immagino il campo che li aspetta
ma non qui non su questa Terra
perché una pentola li attende
ed ecco l'inatteso essere divino
rannicchiato morbido indifeso
vivente simbolo d'ogni metamorfosi
t'ho preso ed alloggiato
sotto vetro di cibo foraggiato
in una settimana tre fagioli
forse trenta prima che diventi pupa
divorerai lasciando strame
alata creatura io ti aspetto
con te prenderò il volo
con ali ritagliate da una seta
più leggera dell'autunnale bruma.




Marco Sclarandis

Thursday, September 29, 2016

Ciò che ci dice un algoritmo

Il profumo d'una fragola
credo possieda il proprio inverso
ma non so se sia la violetta
il gelsomino il nespolo o la zagara
possiamo vederlo l'intreccio di molecole
che incanta di noi l'olfatto

guardarlo come da mano un guanto
di dama sfilato e rivoltato
ed annusare quel profumato specchio
ma ciò che ci dice un algoritmo
quello che un logaritmo svela
possiede più di un anagramma
solo parole dettate dalla musa
possono rivelarcelo.



Marco Sclarandis

Friday, September 23, 2016

E noi ora lo sappiamo



Qual é il miracolo
dove sta il prodigio
dal nulla dallo zero
ricavarne l'uno
o il due da questo 
per riproduzione
questa è per noi magìa
ma dopo diventa l'artificio
allora cos'è stato più difficile
non lo sai non lo puoi dire
noi non lo capiremmo
nemmeno se ce lo spiegassi
ma Tu hai tratto dal vuoto il pieno
o dal pieno hai estratto fino
a produrre l'assoluto vuoto
e noi ora lo sappiamo.

Marco Sclarandis



Dobbiamo ispirarci alle cicale



Dobbiamo ispirarci alle cicale
che per evitare risse per i pranzi
le assemblee le feste per la prole
divergono in due tribù per compleanno
un dodicesimo di dodici più dodici
festeggia una generazione nuova
l'altra una dozzina e mezza meno uno
ma entrambe da larve in attesa sotterranea
hanno avuto santissima pazienza
così due secoli un ventennio ed un anno
trascorrono prima che s'incontrino.
per poi prima di finire in terra muta
cantare l'euforia l'ebbrezza la libidine
della fruttifera fatale estate.

Marco Sclarandis

Wednesday, September 21, 2016

Cercando appigli veleggiando



Siamo quell'ago quello spillo
cruna capocchia punta e stelo
incontratisi con un palloncino
gonfio di magma più che d'elio
e dalla crosta tremula e friabile
nani dal gigante ego sulle spalle
di legioni di semplici antenati
è ora della metamorfosi
l'era del caucciù del ferro
dell'olio torchiato dalle pietre
può solo darci ruggini
dobbiamo imitare i pappi
con i loro veleggianti semi
senza perdere i delicati artigli
per trovare appiglio in nuove terre.

Marco Sclarandis

Wednesday, September 14, 2016

Di quante foto abbisognamo?

Di quanti amici abbiamo bisogno?
Sottotitolo: Frivolezze e curiosità evoluzionistiche.
Robin Dunbar, antropologo dell'università britannica di Oxford, con questo saggio ci dice quanto sia importante l'amicizia ed entro quali limiti può svilupparsi.
Tant'è che esiste il numero di Dunbar, ma vi lascio il piacere della scoperta.
Comunque, Robin insieme a Guido, un giovane ma ormai veterano controllore di volo di Linate mi hanno ispirato questo post.
C'è anche una terza persona, il mio amico Bruno, di Chieti che ha partecipato a questa ispirazione.
Inoltre, dedico il tutto a mio fratello Piergiorgio, passato recentemente ai piani alti o altri, a seconda di come ci s'immagini l'aldilà.
Ma ad essere sincero, l'intreccio di relazioni emotive che sottostà a questa ispirazione assomiglia più ad un fitto feltro indipanabile del quale sarebbe quasi impossibile contarne le fibre, ed ognuna di esse è una persona più o meno profondamente amica.
E le foto? (grafie) che cosa c'entrano?
Mi sembra che sia una domanda pleonastica visto che miliardi di fotografie sono state fatte proprio per ritrarre amici e da una foto scaturiscono o defungono amicizie durevoli anche una vita intera.
Ma appunto, come mai il numero di Dunbar è di sole tre cifre, e ormai con la fotografia digitale arriviamo quasi a scattare quotidianamente con numeri a tre cifre, che vuol dire da 1 a 999 scatti.
Anche solo dieci scatti al giorno fanno un album annuale che nessuno sfoglierà mai per intero.
Prima dell'orgia e dell'orda digitale, il costo e la lentezza del processo fotografico mettevano un limite
stretto alla smania di fermare l'attimo fuggente, fulgente o futile che fosse.
Ora facciamo selfie ed a bizzeffe, cosa che si é sempre fatto ma con il contascatti, parente stretto del
contagocce.
Allora di quante foto abbiamo davvero bisogno per placare la fame del divoratore di figli, Cronos?
Potrei annoiarvi esponendo numeri speciali, ma voglio solo ricordare che una breve catena di conti
porta vedere che la fotografia é animata dal calcolo combinatorio, che se fosse un cavaliere medievale
avrebbe sullo stemma e sullo stendaro tre lettere, ed un punto esclamativo.*
Sovente basta una sola fotografia per ricostruire un'intera vita.
Perché  arriviamo a scatenarci facendone una quantità sovrabbondante?
Oltre un certo limime, stimabile con una ragionevole accuratezza, tutte queste immagini producono oblio irrimediabile invece che struggente e sacra memoria.
Una umile scacchiera contiene intrinsecamente 18.446.744.073.709.551.616 immagini diverse,
se fosse trasformata in pixel. Ed in bianco e nero.
Si fa in fretta, si fa per dire, a calcolare quante immagini potrebbero comparire su di uno schermo
da sedici milioni di colori e sedici milioni di pixel.
Da questo punto in poi comincia il volo pindarico che porta verso le irraggiungibili vette della potenza del'ars combinandi**.
Come le parole sono o possono diventare pietre, le immagini ormai sono numeri.
Numeri interi enormi, ma pericolosamente inclini a diventare giganteschi.
E non esiste un numero che non sia interessante, per un motivo logico facilmente intuibile.
Forse é anche per questo motivo che siamo afflitti almeno potenzialmente, da questa ossessione per lo scatto.
E siamo disposti a pagarne lo scotto in termini di tempo sciupato, sciupato con il senno di poi, quando ci ritroviamo flashmemory zeppe di inquadrature di cui non ci viene più in mente nemmeno di averle mirate.
E a questo punto mi viene da chiedere:
Oltre che Grande Architetto, sarà anche Sommo Fotografo, Quello Lì.
E dove lo tiene l'archivio?
Lo tiene in ordine o la sua è una galattica soffitta colma di bauli polverosi dove già entrarvi mette sconforto?
un versetto biblico recita:
"Il volto di Dio non l'ha mai visto nessuno":
Amen


* π n! e (pi greco,  n!, il simbolo che rapresenta la moltiplicazione di tutti i numeri interi naturali, 
ed "e", il numero di Eulero: 2,718281828  4590452353602874713526624977572 47093 69995 95749..........solo le prime 55 cifre.
(da notare l'incredibile ordine delle prime sedici cifre 2,7 1828 1828  459045........)

**http://www.chierotti.net/kircher/tesi/libro_04.php

Marco Sclarandis


Tuesday, September 13, 2016

Il quintessente condensato



D’ogni vita estrarne il logaritmo
di questo  fare lo stesso
per dieci volte ancora
avere così sul mignolo
il quintessente condensato
come con un francobollo
i suoi dentelli la sua colla
l’inchiostro del suo timbro
la filigrana l’immagine il valore
la sua patria emettitrice
la data della stampa e della posta
in pratica di carta un capace seme
di mani in menti di fruttificare
non serve molto altro
per togliere all’oblio le grinfie
dal nostro breve transito terreno.

Marco Sclarandis

Saturday, September 10, 2016

No Cesare, dal vortice riemergeremo










Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.

Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.

Cesare Pavese 

 Marco Sclarandis

Tuesday, September 6, 2016

Potremmo fare nuova ogni cosa




Potremmo fare nuova ogni cosa
partendo dal fondo del tempo
smussando l'angolo retto
premendo cerchio in ellisse
fare d'aracnide angelo
dandogli elitre ed ali
da frammento cesellare cameo
da noi estrarre un unguento
che lenisca la malinconia
da ruggine distillare rosolio
per berlo nei giorni di nebbia
perché facciamo tutt'altro
scostando del futuro coperchio
per piangere poi di rimorso
perché perché perché lo facciamo. 

Marco Sclarandis

Dedicata ai futuri architetti*



A vedervi così tutti quanti insieme
equilibristi su due ruote mosse
da colazioni svelte e voglia di scoperte
viene alla mente il sogno del ritorno
al luogo dove i due primi avi
davano a tutto il nome senza remore
tremenda nostalgia ci prende
ma voi prodighi figlioli voi potete
prendere i ruderi le macerie
le città incompiute di ratti e rovi prede
e renderle reggie di Salomoni degne
e ancora di padri rimettere peccati
di viltà d’orgoglio di grandezza
svegliate chiunque con i vostri campanelli
miagolate come gatti innamorati
con il chiasso sfrontato dei vent’anni
che l’ottundersi nella sorda invidia
proprio non serve a niente.

* In particolare quelli del Pescara summer school 2016

Marco Sclarandis

Thursday, August 25, 2016

Sovrannaturale sussurìo cifrato







                                  

Marco Sclarandis

Scuotiti gente d'Appennino

Scuotiti gente d'Appennino
prima che lo faccia la tua terra
irrequieta imprevedibile a te simile
e proprio perciò bella
non puoi dormire beata nella tua dimora
devi sonnecchiare di felino sonno
fino a che con astuzia
non hai messo solai e mura nella gabbia
non ti ha punito la spietata faglia
avvertito solo che il castello
il bastione il campanile il portico
solo se come piramide tozza fatto
resiste alla sua saltuaria furia

altrimenti esige raffinato ingegno
pianti i sepolti e gli avviliti
riedifica la casa riapri la cucina
quel sugo da amatori maschi e femmine
deve inebriarci come prima.


Marco sclarandis

Faglie appenniniche e foglie di fico edilizie

Riporto due articoli che spero allontanino dai soliti piagnistei che accompagnano queste evitabili catastrofi.
Ed avvicinino invece le possibili soluzioni preventive.

http://www.lastampa.it/2016/08/25/italia/cronache/friabili-e-vecchie-di-un-secolo-le-case-che-cedono-al-sisma-HTAb4PJKAxJTQgsYJGZD9I/pagina.html

Friabili e vecchie di un secolo: le case che cedono al sisma
Già spesi 180 miliardi per i disastri. Per un’Italia sicura ne basterebbero 100
Di Andrea Rossi

L’Italia che crolla spesso è costruita sulla roccia. E con la roccia. Quasi tutto l’Appennino rurale corrisponde a questo spaventoso identikit. E così è per Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto, sventrati dal sisma dell’altra notte: edificati su affioramenti rocciosi, quando delle leggi antisismiche nessuno si occupava. 

 L’età delle costruzioni e i materiali utilizzati sono il marchio di questo pezzo d’Italia andato in frantumi. Secondo il censimento del patrimonio abitativo, realizzato dall’Istat nel 2011, il 14% degli edifici risale a prima del 1919, il 10% è antecedente la fine della seconda guerra mondiale, il 36% appartiene agli anni del boom (1946-1971), il 26% risale a dopo il 1982. Ad Accumoli no: il 60% delle 292 case è stato costruito prima del 1919. E ad Amatrice, su 1.301 fabbricati in piedi fino all’altra notte, 498 risalivano a prima della Grande Guerra e altri 156 a prima del 1945. Arquata del Tronto replica il canovaccio: il 42% di ciò che c’era (691 fabbricati) esiste da almeno un secolo.

Da queste parti il calcestruzzo armato è merce rara. L’80% delle case e degli edifici pubblici è realizzato in muratura (la media italiana è il 60%). Non sarebbe di per sé un problema se non fosse che qui muratura vuol dire calcare, oppure ciottoli, con appena un po’ di malta di calce. Il risultato? «Spesso le murature sono scarsamente collegate tra loro», spiega Andrea Manzone, ingegnere strutturalista. «La facciata è poco “legata” ai muri perimetrali e la struttura si comporta poco come una scatola: l’effetto è che le pareti si allontanano facendo cadere i solai e provocando il crollo completo dell’edificio».

 «Tutto l’Appennino rurale è fatto così, da questo punto di vista il terremoto di ieri non ci rivela niente di nuovo», spiega Gian Michele Calvi, uno dei massimi esperti italiani in fatto di terremoti, docente all’Università di Pavia. L’Appennino è il cuore dell’Italia che trema: in media una catastrofe ogni cinque anni. Sulla direttrice Rieti-Ascoli c’è però qualcosa di più. Una storia che parla: non c’è Comune, in questa terra tra il Gran Sasso e i monti Sibillini che negli ultimi mille anni non abbia vissuto intensità macrosismiche inferiori al decimo grado della scala Mercalli, vale a dire scossa «completamente distruttiva», un gradino sotto «catastrofica» e «apocalittica».


Conviviamo con un patrimonio edilizio vecchio ma soprattutto maltenuto. Nel 2012 la Camera ha istituito una commissione d’indagine sulla sicurezza sismica. Della relazione finale non c’è traccia, ma nel corso delle audizioni sono emersi particolari preoccupanti: ad esempio 6 milioni di edifici su 27, in Italia, sono in cattivo stato di conservazione. In parte sono i più vecchi, ma una fetta consistente coinvolge il boom del dopoguerra, quando si passò da 35 a 80 milioni di vani abitativi. Un edificio su quattro risalente a quell’epoca è ammalorato, tanto che alcuni anni fa Aldo Loris Rossi, professore di Progettazione architettonica all’Università di Napoli, ha lanciato una proposta drastica: «Rottamare la spazzatura edilizia post-bellica, 40 milioni di vani, costruiti tra il 1945 e il 1975, senza qualità, interesse storico ed efficienza antisismica. Molti interventi sono stati eseguiti malamente, o hanno caricato strutture già esistenti. Questa crescita è avvenuta in maniera impropria, per questo dico che ogni fabbricato dovrebbe avere una carte d’identità». «È una battaglia che portiamo avanti da anni», racconta Bernardino Chiaia, ordinario di Scienza delle costruzioni al Politecnico di Torino. «Gli edifici andrebbero sottoposti a verifica sismica, peccato che la proposta abbia trovato i principali oppositori nelle associazioni dei proprietari di immobili. Temevano fosse una nuova tassa sulla casa».

 Così, senza verifiche né censimenti, il patrimonio è andato in malora. E, insieme con le case del 1900, ad Accumoli è andata giù la caserma dei carabinieri e ad Amatrice l’ospedale è inagibile. Entrambi sono ben più recenti. «Purtroppo in queste zone nessuno investe perché si stanno spopolando», dice il professor Calvi. «Dunque non è sorprendente che crollino le case. La cosa che fa scalpore sono gli ospedali, le caserme».

 Dopo il terremoto del Molise, nel 2002, che si portò via 27 bambini e una maestra, si decise che era troppo: la Protezione civile avviò la mappatura degli edifici strategici (ospedali, caserme, municipi) a rischio sismico. La ricognizione è sostanzialmente terminata, ma non si è andati oltre: servirebbero 10-15 miliardi, circa il 10% del totale stimato per la messa in sicurezza di tutto il patrimonio (pubblico e privato) a rischio sismico. E ce ne vorrebbe un’altra decina per mettere in sicurezza 24 mila scuole.

 «È una questione di scelte», dice Calvi. «Spendere tre miliardi l’anno per i danni post sisma o investire la stessa cifra per la prevenzione?». Secondo l’Ance, l’associazione dei costruttori, dal 1968 a oggi sono stati spesi 180 miliardi (attualizzati) per i disastri causati dai terremoti. Ricostruire un chilometro quadrato costa tra 60 e 200 milioni. Con 100 miliardi si sarebbe rimessa in sesto tutta l’Italia.
Licenza Creative Commons
Alcuni diritti riservati.


A completamento.................

http://www.lastampa.it/2016/08/25/italia/cronache/dallantica-roma-la-maledizione-della-faglia-appenninica-3B9y1EUg1OQJ66UE0c3WJK/pagina.html

Dall’Antica Roma la maledizione della faglia appenninica

Agisce fra l’Umbria e la valle del Tevere fino a 20 km di profondità. Il tipico terremoto italiano: magnitudo media e danni enormi


Di Mario Tozzi

Le lance di Marte erano infisse nel suolo e addossate alla parete settentrionale della Regia, nel Foro Romano. Quando vibravano qualcosa di terribile era accaduto: nel 44 a.C. l’assassinio di Cesare, tutte le altre volte un terremoto da Nord, dalla regione compresa fra alto Lazio, Umbria e Marche, la stessa che continua sistematicamente a tremare da millenni. Non era un mistero e non è colpa della Terra: le catastrofi naturali non esistono, esistono solo la nostra ignoranza, l’assenza di memoria, il malaffare e la scarsa propensione alla prevenzione. Tutto il resto (ritardo nei soccorsi, fatalità, destino e dei), sa di scusa e l’abbiamo sentita talmente tante volte da provocare un senso di nausea, soprattutto nel momento in cui molte persone lottano per sopravvivere sotto le macerie. Proprio questo, però, è il momento per riflettere e per capire.

 C’è una responsabile del terremoto di Accumoli, una responsabile che agisce insieme con altre sue simili in un’area molto vasta che va dal confine Umbria, Marche e Lazio fino alla valle del Tevere. È una faglia (come per tutti i terremoti), ma particolare (come tutte le faglie), frammentata in tanti segmenti allineati, ma non continui, che percorre il sottosuolo dell’Appennino centro-settentrionale fino a oltre 20 km di profondità. Un sistema di faglie che non accumulano energia in silenzio per poi scaricarla in «botte» tremende, ma rare. Al contrario, si carica di energia elastica come una molla e poi si libera con frequenza impressionante e, a livello geologico, quasi costante. Nel 1328 il terremoto durò tre mesi, nel gennaio del 1703 la grande scossa fu preceduta da numerose altre premonitrici (che qualcuno potrebbe oggi interpretare come coppie sismiche), nel 1831 il terremoto di Foligno durò oltre quattro mesi. La sequenza sismica della Val Nerina (1979) aveva raggiunto il IX grado della scala Mercalli, intensità raggiunta e superata più volte nella regione attorno, ad esempio nel 1997 con la coppia sismica di Colfiorito, paragonabile per energia liberata.

Cicerone (nel 63 a.C.) ne parla nelle «Catilinarie», Tacito (51 d.C.) ricorda che nelle zona «le case crollano per i frequenti terremoti»: nessuna anomalia, solo il normale «lavoro» del nostro pianeta che qui si era reso manifesto più che altrove. Anzi, questo è il tipico terremoto italiano: magnitudo media in contesti collinari rurali scarsamente popolati, con edifici costruiti spesso male, con materiali di risulta, senza progettazione antisismica moderna, le cui conseguenze sono danni devastanti. A questo seguiranno inevitabilmente la fase delle tendopoli, poi quella dei container (e per favore, evitateci la vergogna delle new town) e lustri per la ricostruzione. E, alla fine, la marginalizzazione di un territorio già lontano da tutto, pur essendo il centro geografico della penisola. 

 Siamo in una regione della crosta terrestre che, dopo aver visto il sollevamento di una catena montuosa (l’Appennino) dalle profondità marine a causa della spinta reciproca dei blocchi africano ed europeo, ora attraversa un periodo di tensioni, piuttosto che di compressioni. Qui la crosta non viene portata a piegarsi e ad accartocciarsi su se stessa, come quando si forma una montagna, anzi: viene «stirata», estesa fino alla formazione di spaccature profonde, le faglie. 

 L’Appennino si è innalzato fino a oltre 3000 metri, ma ora sta ricominciando lentamente a scendere di quota, assestandosi a livelli più bassi: grandi faglie distensive permettono questo aggiustamento, spostando di volta in volta intere «fette» della catena. Insieme ad aree in abbassamento ce ne sono molte in sollevamento e proprio da queste disomogeneità si creano quegli «strappi» (le faglie) che danno luogo ai terremoti. Non è un fenomeno solo di queste parti, è di tutto l’Appennino, di una nazione che è di montagna e ad alto rischio naturale come il Giappone, che però si illude di essere piatta e tranquilla come la Siberia: l’Irpinia (1980) e L’Aquila (2009), come Avezzano (1915) e Reggio Calabria (1908), fanno parte della stessa storia geologica. 

 Questo terremoto è decine di volte meno energetico di quello dell’Aquila, eppure i danni sembrano maggiori (forse non le vittime: molto più scarsa è la densità di popolazione). Perché? Non dipende solo dalla geologia del sottosuolo, che può aver amplificato localmente le onde sismiche, ma soprattutto da come si è costruito e da quanto si è dimenticato. Non è mai il terremoto che uccide, ma solo la casa costruita male. La regione è sismica da sempre, ma le progettazioni del patrimonio costruito sono, nel migliore dei casi, non più efficaci. Ci vorrebbe un adeguamento antisismico e soprattutto ci vorrebbero controlli continui almeno agli edifici pubblici, che debbono continuare a funzionare nell’emergenza: ma qui l’ospedale di Amatrice crolla e le caserme reggono a stento. 

 Bisognerebbe spendere in prevenzione quando non ci sono terremoti: si risparmierebbero non solo vite, ma anche denari (un euro in prevenzione ne vale 8-10 in emergenza). Bisognerebbe dedicare le pubbliche risorse a questo e non a infrastrutture inutili e nuove costruzioni di cui non c’è alcun bisogno. Questo dovrebbero fare amministratori consapevoli e attenti. Questo in Italia non fa quasi nessuno. E, quando arriva il terremoto, sembra sempre che fino al giorno prima non ce ne siano stati: mai come in questo caso sappiamo che non è vero.
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Marco Sclarandis

Wednesday, August 17, 2016

Disponiamo di fatati candelieri



Ce lo suggeriscono certi fortunali
lo squillano alcune trombe d’aria
a dircelo poi chiaro e tondo
saranno tornadi ricorrenti
se davvero troppi fuochi e incendi
di foreste rifiuti e carburanti
abbiamo dappertutto acceso
disponiamo di fatati candelieri
splendenti di più con sole e al vento
esenti da sgocciolii e fuliggini
muscoli focosi dalla forza gelida
animati da invisibili scintille
menti fulminee cristalline
adoperiamo questi mezzi meglio
chè le stagioni che ci attendono
non saranno più armonico quartetto
a cui il passato prossimo e remoto
ci aveva con fiducia abituati.

Marco Sclarandis